Alcune osservazioni in merito a un documento della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede

Non molti sanno che la Chiesa Cattolica dispone di un documento, intitolato Norme per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni (approvate da Paolo VI, il 24 febbraio 1978), utile a distinguere le “vere” apparizioni e rivelazioni soprannaturali dalle false: una sorta di guida che sacerdoti e autorità cattoliche in genere dovrebbero consultare prima di dichiarare una apparizione vera. Il documento contiene alcuni criteri, definiti positivi e negativi, per decretare un evento “degno di essere creduto”. Tali criteri sono considerati sufficienti e affidabili dalle autorità ecclesiastiche che vi fanno riferimento per prendere le loro decisioni in materia.

Sono dell’opinione che tali criteri, anziché essere chiari e discriminanti, sono ambigui e ingannevoli al punto da risultare quasi inutilizzabili.

Vi spiego perché, chiosando stenograficamente tra parentesi quadre i miei giudizi su ogni singolo criterio. Evidentemente il discorso andrebbe approfondito in maniera adeguata. Per il momento mi limito a qualche semplice osservazione.

A) Criteri positivi:

a) Certezza morale, o almeno grande probabilità dell’esistenza del fatto, acquisita per mezzo di una seria indagine [Non viene detto come dovrebbe essere condotta tale seria indagine. La certezza morale potrebbe non coincidere con la certezza fattuale. Un investigatore potrebbe essere moralmente convinto della bontà di un presunto miracolo, ma questo non significa che il fatto sia un miracolo. Un individuo potrebbe essere profondamente convinto di essere di fronte all’apparizione di un santo, quando, invece, è preda di una allucinazione].

b) Circostanze particolari relative all’esistenza e alla natura del fatto, vale a dire:

1) qualità personali del soggetto o dei soggetti (in particolare, l’equilibrio psichico, l’onestà e la rettitudine della vita morale, la sincerità e la docilità abituale verso l’autorità ecclesiastica, l’attitudine a riprendere un regime normale di vita di fede, ecc.); [Un soggetto potrebbe essere intimamente e sinceramente convinto di assistere a una rivelazione, che tuttavia non ha alcuna corrispondenza con la realtà. La “docilità abituale verso l’autorità ecclesiastica” non può essere considerata un criterio per discernere la verità dalla menzogna o dalla falsità, anzi l’attitudine alla fede potrebbe favorire la testimonianza di episodi miracolistici. Bisogna ricordare che la percezione, come insegna la psicologia, è profondamente condizionata da credenze, aspettative, convinzioni ecc. È, dunque, probabile che proprio chi è più dotato di fede “veda” o “senta” cose che non ci sono. Proprio una “normale vita di fede” predispone a credere di assistere a eventi miracolistici. Il credente, inoltre, ha la tendenza a interpretare i fatti naturali in maniera conforme alle proprie credenze: quello che per un credente è un posseduto, per un non credente può essere un individuo affetto da un disturbo psichico]

2) per quanto riguarda la rivelazione, dottrina teologica e spirituale vera ed esente da errore [Come sopra, l’adesione a una “dottrina teologica e spirituale vera” potrebbe favorire, anziché ostacolare la convinzione di trovarsi di fronte a una apparizione soprannaturale o divina/diabolica. Si tenga conto, inoltre, che ciò che è vero per una dottrina può essere falso per un’altra. Ciò che per uno è una manifestazione divina, per un altro può essere una manifestazione diabolica ecc.];

3) sana devozione e frutti spirituali abbondanti e costanti (per esempio, spirito di preghiera, conversioni, testimonianze di carità, ecc.) [Questo criterio non tiene conto che una falsa apparizione o una apparizione ritenuta vera possono tuttavia e realmente avere come conseguenza una maggiore attitudine alla preghiera nei fedeli, conversioni religiose, una maggiore disponibilità a donare e operare atti caritatevoli. In altre parole, il falso può produrre conseguenze vere. Dal “male” può nascere il “bene”. In sociologia si parla di “effetti perversi” dell’azione sociale. In un mio libro ho parlato di “logica enantiodromica” quando da comportamenti criminali o devianti – ad esempio, una truffa religiosa – scaturiscono conseguenze positive tanto per gli individui quanto per la società].

B) Criteri negativi:

a) Errore manifesto circa il fatto [Non viene detto come individuare questo errore manifesto. Talvolta, ciò che sembra evidente e manifesto può essere complesso e intricato. È proprio il caso di dire: l’evidenza può ingannare].

b) Errori dottrinali attribuiti a Dio stesso, o alla Beata Vergine Maria, o a qualche santo nelle loro manifestazioni, tenuto conto tuttavia della possibilità che il soggetto abbia aggiunto – anche inconsciamente –, ad un’autentica rivelazione soprannaturale, elementi puramente umani oppure qualche errore d’ordine naturale. [Quali sono questi elementi puramente umani? Quali sono gli errori d’ordine naturale? Secondo alcuni, la religione è tutta una costruzione psico-sociale umana. Sulla religione sono proiettate aspirazioni, desideri, volontà, credenze, aspettative puramente umane. Gli errori d’ordine naturale incombono frequentemente sulla percezione umana, spesso in modi insospettabili. Forse tutte le “autentiche” rivelazioni soprannaturali sono solo autentiche illusioni umane].

c) Una ricerca evidente di lucro collegata strettamente al fatto [Se questo criterio può certamente suscitare sospetti e allarmi (vedi il caso di Medjugorje), non bisogna cadere nella tentazione di credere che, dal momento che il “veggente” non si è arricchito, la sua testimonianza è autentica al di là di ogni dubbio o sospetto. Si può errare anche in buona fede o, come detto in precedenza, in virtù della propria fede (vedi i casi di Lourdes e Fatima]

d) Atti gravemente immorali compiuti nel momento o in occasione del fatto dal soggetto o dai suoi seguaci [Come un ladro può dire la verità, così un individuo immorale può essere sinceramente convinto di aver assistito a un evento soprannaturale. Non bisognerebbe mai usare argumenta ad hominem in questi casi, anche se è davvero difficile non farlo in determinate circostanze].

e) Malattie psichiche o tendenze psicopatiche nel soggetto, che con certezza abbiano esercitato una influenza sul presunto fatto soprannaturale, oppure psicosi, isteria collettiva o altri elementi del genere [Anche questo criterio è alquanto ambiguo. San Francesco che parlava con gli uccelli o santa Caterina da Siena che beveva il pus degli ammalati che curava sono folli? Eppure, sono venerati come santi. Tutti gli uomini e donne che hanno creduto fermamente nei loro dei hanno spesso esibito comportamenti che altri hanno considerato folli. Pensiamo a chi trascorre la maggior parte delle proprie giornata recitando interminabili litanie o rosari. Sono pazzi? La psicopatia sembra speso andare a braccetto con l’esibizione di determinati comportamenti religiosi. E, allora, esistono psicopatologie “consentite” e altre non consentite? Come distinguere il “vero” mistico che parla con Gesù dall’allucinato psicotico che dice di fare lo stesso? In virtù della fede? O della scienza?].

Come è evidente, i criteri di discernimento individuati dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede sono lungi dall’essere risolutivi,  esaustivi e privi di ambiguità. La criticità fondamentale è probabilmente quella di credere che chi aderisce alla “vera fede” sia immune da errori e fraintendimenti, quando, secondo me, proprio il fatto di credere predispone all’errore e al fraintendimento. Apparizioni e rivelazioni sono facilitate dalla credenza religiosa, che orienta anche forme e significati delle stesse. Così, un cattolico vedrà Gesù laddove un musulmano vedrà Maometto o Allah.

Ribadisco. Si tratta di osservazioni stenografiche che andrebbero adeguatamente elaborate. Spero che possano stimolare qualcuno ad approfondire l’argomento in maniera seria.

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