L’esorcismo come profezia che si autoavvera

Il fenomeno della possessione diabolica è l’esito di un processo di costruzione culturale in cui svolgono una parte importante fattori di tipo culturale, antropologico, sociologico, psicologico, simbolico. In questo processo hanno un ruolo decisivo le credenze del soggetto ritenuto (o che si ritiene) indemoniato e delle persone intorno a lui, oltre che di sacerdoti e opinion leaders contestuali. In un precedente articolo, spiegavo come la credenza nella possessione generi facilmente il meccanismo della profezia che si autoavvera, che si dispiega nel modo seguente: il soggetto crede di essere posseduto dal demonio e che solo Gesù può liberarlo (profezia iniziale). Il prete recita alcune preghiere a cui il soggetto attribuisce effetti liberatori (comportamento). Il soggetto, dopo le preghiere, si sente effettivamente purificato dal demonio (la profezia si è avverata).

Di questa potenzialità psicosociale sono spesso consapevoli gli stessi uomini di chiesa, nonostante siano i primi sostenitori e propagatori della credenza nella possessione. Un esempio clamoroso è dato da Corrado Balducci, uno dei più noti esorcisti italiani, morto nel 2008. In un suo libro, riporta le seguenti parole:

Il padre de Tonquédec […] osserva: «L’esorcista dovrà molto vigilare e mantenere il più grande riserbo per non favorire simili fenomeni [come la profezia che si autoavvera]. Un sacerdote dedito a questo pericoloso ministero ci diceva “Non si rischia nulla ad esorcizzare, anche se si ha da fare con ammalati. L’esorcismo se non fa del bene, non farà mai del male”. Un momento! l’esorcismo è una cerimonia impressionante, che può agire con molta efficacia nel subcosciente degli ammalati: gli scongiuri al demonio, le aspersioni di acqua benedetta, la stola al collo del paziente, i ripetuti segni di croce, ecc. sono fortemente capaci di suscitare, in uno psichismo già debole, la mitomania diabolica nelle parole e nelle azioni.

Se si chiama il demonio, verrà: non già lui, ma un ritratto realizzato secondo le idee che l’ammalato si costruisce a suo riguardo. Ed è in tal modo che certi sacerdoti, con l’uso inconsiderato e imprudente dell’esorcismo, creano, confermano, incoraggiano i disordini che volevano sopprimere (cit. in Balducci, C., 1994, Il diavolo, Oscar Mondadori, Milano, p. 314).

“Se si chiama il demonio, verrà”. Viene quasi da parafrasare: “Se si crede nel demonio, verrà”. È più che probabile, infatti, che nutrire intense credenze nel demonio e partecipare a rituali estremamente suggestivi come quelli esorcistici finisca con il creare proprio la realtà a cui si cerca di porre rimedio, confermando l’indemoniato nel suo ruolo di vittima, il sacerdote nel suo ruolo taumaturgico e gli spettatori come credenti nella realtà del demonio. Il ruolo dell’indemoniato ha poi il vantaggio, particolarmente avvertito negli individui più labili, sprovveduti e meno acculturati, di attirare l’attenzione sul posseduto, oltre che di conferirgli, in un certo senso, prestigio e considerazione. Come dire: meglio essere un indemoniato che una nullità. Ma soprattutto, il rituale esorcistico contribuisce a incoraggiare, come dice padre de Tonquédec, i disordini che si intende sopprimere.

A mio avviso, la profezia che si autoavvera svolge un ruolo estremamente significativo nella produzione dei fenomeni di esorcismo. Anzi, solo adottando una prospettiva radicalmente costruzionista è possibile comprendere gli aspetti più intimi di una delle manifestazioni più bizzarre della credenza religiosa.

Sulla profezia che si autoavvera rimando al mio Oracoli quotidiani.

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