Un falso d’autore: Henry L. Mencken e la storia della vasca da bagno in America

Diceva il grande storico Moses Finley, in Problemi e metodi di storia antica, che «gli scrittori antichi, come tutti gli storici da allora in avanti, non potevano tollerare vuoti, e li riempirono in un modo o nell’altro: in fin dei conti, semplicemente inventando. La maestria degli antichi nell’inventare e la loro capacità di credere sono costantemente sottovalutate».

L’invenzione – la commistione di vero e falso, di probabile/improbabile e fatto accertato – non è, però, prerogativa degli antichi, da spiegare evolutivamente come una minore perizia nel distinguere il vero dal falso o come una accentuata inclinazione alla credulità. Anche la storia moderna e contemporanea, sebbene forse più ossessionate dal fatto, lasciano trasparire vuoti, incomprensioni, opacità che specialisti e non amano riempire secondo la teoria o la propensione ideologica  del momento.

Del resto, sappiamo che la nostra epoca patisce un sovraccarico (overload) di informazioni che rende non sempre possibile sceverare il fatto dall’invenzione, anche perché proprio l’eccesso incalzante di dati non consente di sottoporre ogni singolo byte comunicativo ad accurata verifica.

Di qui il ricorso al principio di autorità, che pensavamo tramontato nella nostra epoca cinica e insofferente ai maestri, ma che osserviamo in maniera quasi clericale a giudicare dalla dipendenza che amiamo esibire da “esperti”, “opinionisti, testimonial, influencer ecc.

Un’autorità era certamente ai suoi tempi, il celebre giornalista Henry L. Mencken (1880-1956), noto per la sua lingua sferzante e irriverente, ideale epigono di Jonathan Swift, Ambrose Bierce e Mark Twain, ammiratore di Nietzsche, a cui dedicò notevoli analisi e commenti, autore di The American Language (1919), opera ancora oggi utilissima sull’inglese parlato negli Stati Uniti.

A Mencken si devono anche pezzi satirici, di costume e fortemente critici di molti ismi del suo tempo. Uno di questi, in particolare, ha il merito di rivelare come sia estremamente facile insinuare l’invenzione nella trama delle nostre credenze e conoscenze quotidiane e trasformarla in fatto acclarato, immune a ogni smentita. Ecco i fatti.

Il 28 dicembre 1917, in piena Prima guerra mondiale, Mencken scrive un articolo per il «New York Evening Mail» dal titolo A Neglected Anniversary in cui delinea concisamente, ma con dovizia di fatti, e con la impostura dell’anniversario trascurato, la storia della vasca da bagno negli Stati Uniti. L’argomento è lieve ed è finalizzato a sollevare il morale degli americani, afflitti dalle notizie grevi e sconfortanti provenienti dal fronte di guerra. In più – ma questo i lettori non lo sanno – l’articolo è uno scherzo, composto per il divertimento dell’autore. Niente di ciò che contiene è vero. Come dirà lo stesso Mencken, si tratta solo di «un mucchio di assurdità, tutte intenzionali e la maggior parte di esse palesi».

Ma c’è dell’altro. Il pezzo è anche una sorta di test concepito per mettere alla prova (o alla berlina) la credulità dei lettori e degli altri giornalisti e per dimostrare l’inattendibilità della carta stampata, troppo spesso letta acriticamente. Un test alquanto crudele, potremmo obiettare, considerando che, come ricorda lo storico francese Marc Bloch, la guerra crea un ambiente favorevole alla fabbricazione e diffusione di «false notizie», che non si limitano a circolare nelle trincee, ma tracimano nella stampa e poi nell’immaginario collettivo fino a imporsi come realtà granitica e indubitabile. Lo stesso Mencken era consapevole che, in periodo bellico, «probabilmente nemmeno l’un per cento dice il vero».

Come che sia, l’articolo viene ristampato da vari quotidiani e Mencken osserva con grande sorpresa (ma forse non più di tanto) che le sue assurdità sono riprese da pubblicazioni serie ed erudite e spacciate per fatti. Ne parlano medici, politici, amministratori, persone comuni. Mencken riceve entusiastiche lettere di approvazione da parte di alcuni lettori e richieste di maggiori informazioni da altri In breve, le invenzioni di Mencken, facendo leva sul meccanismo, ancora oggi irresistibilmente fascinoso, della ripetizione subiscono una inaspettata metamorfosi, abbandonando il dominio della fantasia per trasferirsi in quello della realtà. Così, la menzogna si trasforma in “storia vera” e come tale viene intesa e discussa da chi vi è esposto.

A ciò contribuisce anche lo stile dell’articolo: asciutto, verosimile, apparentemente informativo, apparentemente attendibile, denso di date, nomi, luoghi, statistiche, ossia di “fatti” concreti, alcuni dei quali notoriamente veri (ad esempio, è esistito davvero un presidente degli Stati Uniti di nome Millard Fillmore, così come un suo ministro della guerra di nome Charles M. Conrad) giustapposti ad altri puramente immaginari (come l’esistenza di riviste intitolate «Western Medical Repository» e «Christian Register» che nessun sapiente sarà mai in grado di trovare).

Di fronte al dilagare della storia e alla sua inattesa metamorfosi identitaria, Mencken decide, dopo quasi nove anni, di venire allo scoperto e rivelare la natura burlesca dell’articolo. Il 23 maggio 1926, scrive per il «Chicago Tribune» un altro testo, intitolato Melancholy Reflections in cui descrive la genesi di A Neglected Anniversary e offre alcune interessanti riflessioni sul rapporto tra finzione e realtà.

Per Mencken, la vicenda di A Neglected Anniversary non è affatto eccezionale, bensì “tipica”. La maggior parte di ciò che compone il nostro repertorio di conoscenze «deriva proprio da imbrogli come questo. Ciò che inizia come ipotesi – o forse, non di rado, come vera e propria menzogna deliberata – finisce con il trasformarsi in fatto e, come tale, viene imbalsamato nei libri di storia». L’ipotesi di una genesi fantastica di tutta la nostra conoscenza appare decisamente overblown o, se non altro, sconcertante, soprattutto se consideriamo l’alto valore che ordinariamente attribuiamo al sapere, ma ci mette in guardia dalla convinzione ingenua che fatti e finzione appartengano manicheisticamente a due domini distinti e separati, destinati a non incontrarsi mai.  Del resto, già Nietzsche, in un testo del 1873 intitolato Su verità e menzogna fuori del senso morale, aveva provato a dimostrare che quella che viene comunemente chiamata verità non è altro che una grande costruzione retorica, di cui si dimentica la natura illusoria.

In tema di affinità con altri studiosi, la beffa di Mencken ricorda da vicino la beffa di Sokal. Come si ricorderà, il fisico statunitense Alan Sokal sottopose nel 1996 l’articolo “Transgressing the Boundaries: Towards a Transformative Hermeneutics of Quantum Gravity” (“Violare le frontiere: verso una ermeneutica trasformativa della gravità quantistica”) alla rivista accademica Social Text, una rivista specializzata in studi culturali postmoderni, fiducioso che il suo articolo, sebbene del tutto privo di senso, sarebbe stato comunque pubblicato in quanto rispettoso dell’ideologia e dello stile prediletto dai curatori della rivista. Tre settimane dopo la sua pubblicazione, Sokal rivelò che l’articolo era una bufala, dando la stura a una serie infinita di polemiche, che, in parte, richiamano quelle che si ebbero dopo la pubblicazione di  Melancholy Reflections. Mencken impiegò più tempo di Sokal per fare coming out:  quasi 9 anni. Ma i presupposti e il contesto erano indubbiamente diverso.

Dopo Melancholy Reflections, alcuni studiosi si sono impegnati a smontare il contenuto dell’articolo di Mencken, quasi fosse una cosa seria, e molti libri hanno indagato a fondo la questione relativa alla beffa. Le biografie di Mencken evidenziano con  gusto la vicenda, mentre attualmente alcuni libri popolari di storia americana riconducono l’introduzione della vasca da bagno nella Casa Bianca a Fillmore. Ancora nel febbraio, 2004, si poteva trovare, addirittura nel «Washington Post», prima che venisse frettolosamente corretta, una frase come la seguente: «Scommettiamo che non sapete che […] Fillmore fu il primo presidente a fare installare una vasca da bagno alla Casa Bianca».

Potenza del falso!

Qui la mia traduzione di A Neglected Anniversary, «New York Evening Mail» (28 dicembre 1917) e di Melancholy Reflections, «Chicago Tribune» (23 maggio 1926) con i testi originali degli articoli.

Testi di riferimento

Bloch, M. La guerra e le false notizie. Ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921). Roma: Donzelli, 1995.

Finley, M. I. Problemi e metodi di storia antica. Roma-Bari: Laterza, 1998.

Mencken, H. L. The Bathtub Hoax and Other Blasts & Bravos from the Chicago Tribune. New York: Octagon Books, 1985

Nietzsche, F. Verità e menzogna e altri scritti giovanili. Roma: Newton Compton, 1981.

“Presidents’ Day 101” (15 febbraio 2004), The Washington Post. Travel, P02.

Sokal, A., Bricmont, J. Imposture intellettuali. Milano: Garzanti, 1999.

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