L’ignoranza come motore della storia

L’economista Albert Hirschman (1915-2012), autore di opere seminali nel campo delle scienze sociali, come Retoriche dell’intransigenza (1991), Le passioni e gli interessi (1977) e Lealtà, defezione, protesta (1970), contribuì in maniera massiccia a promuovere ogni genere di riflessione intorno ai fondamenti e alle dinamiche dell’economia, della politologia e della sociologia, creando anche un lessico peculiare, ormai divenuto un punto di riferimento classico e imprescindibile per i cultori di queste discipline.

Tra l’altro, lo studioso tedesco mise in discussione una serie di assunti da sempre dati per scontati dagli scienziati sociali di tutto il mondo. Uno di questi è l’idea che una solida conoscenza scientifica sia un prerequisito sufficiente e necessario per un piano di sviluppo di successo. Hirschman, il quale ebbe modo di operare “sul campo” per favorire lo sviluppo economico di paesi in via di sviluppo e le cui conoscenze, dunque, non erano solo accademiche, ma anche pratiche, comprese che ciò non era sempre vero. Sulla base delle sue esperienze, giunse alla conclusione che certi progetti di sviluppo sono realizzati con successo proprio perché i loro elaboratori, all’inizio, sono del tutto ignari delle difficoltà e degli ostacoli che i progetti possono incontrare in fase di realizzazione. In alcuni casi, se ne fossero consapevoli, non si impegnerebbero mai ad attuarli.

La posizione di  Hirschman è affine a quella del filosofo Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900), esposta nella Seconda Inattuale (Sull’utilità e il danno della storia per la vita) (1874), secondo cui una solida conoscenza della storia, rendendoci consapevoli dei tanti disastri dei progetti e delle aspirazioni umane, può paralizzare l’azione e far desistere gli esseri umani dall’impegnarsi in imprese ardue e rischiose.

Le riflessioni di  Hirschman e di  Nietzsche suggeriscono che l’ignoranza delle vicende umane può, talvolta, sortire effetti positivi, anziché negativi, sulla società, favorendo, ad esempio, l’esecuzione di attività che – se si sapesse troppo – probabilmente non avrebbero nemmeno avvio. Una conclusione paradossale che, però, trova riscontro in un numero enorme di situazioni in cui si trovano ad agire gli esseri umani.

Per saperne di più sull’argomento, invito a leggere il mio recente Alcune funzioni sociali dell’ignoranza (Armando Editore, Roma, 2020) che illumina, appunto, le sorprendenti funzioni positive dell’ignoranza nella società.

Una lettura che raccomando, in particolare, a sociologi, economisti e politologi sulla imprevedibilità del comportamento umano.

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