La guerra non è che la continuazione…

Mi piace talvolta andare alla ricerca delle fonti di citazioni famose. Viviamo in una cultura che, per certi versi, potremmo definire aforistica. Nella vita quotidiana, quando siamo sui Social, quando adoperiamo i nostri smartphone, propendiamo per forme estreme di concisione. Gli aforismi abbondano su Facebook, Twitter, capi di abbigliamento, involucri di cioccolatini. Il rischio è quello di liofilizzare la vita e ridurla a poche “parole celebri”, spesso astratte da contesti più ampi e costrette a sostenere l’impalcatura di pensieri molto più ampi e complessi.

In un post precedente, ho rivelato il testo che fa da sfondo al famoso Teorema di Thomas: “Se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze”. Oggi, vorrei “esplodere” le parole che circondano il famoso aforisma di Carl von Clausewitz (1780 – 1831) “La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi” contenuto nel suo trattato di polemologia Della guerra (1832). Il trattato, peraltro incompleto, nell’edizione italiana della Mondadori comprende più di mille pagine e ho sempre trovato straordinario come si potesse ridurre tanta complessità a un solo pensiero.

Ecco il co-testo del celebre aforisma:

La guerra non è dunque solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi. Quindi, quanto alla guerra rimane di proprio non si riferisce che alla natura particolare dei suoi mezzi. L’arte della guerra può esigere, in linea di massima, che le tendenze e i disegni della politica non vengano a trovarsi in contraddizione con tali mezzi, e il comandante in capo può esigerlo in ogni caso. Tale condizione non è certo lieve: ma qualunque sia, anche in casi particolari, la sua reazione sui disegni politici, essa non può andare al di là di una semplice modificazione dei medesimi, poiché il disegno politico è lo scopo, la guerra è il mezzo, e un mezzo senza scopo non può mai concepirsi (pp. 42-43 dell’Edizione Mondadori).

Ciò vuol dire che l’origine della guerra non è mai in un semplice istinto cieco o in una passione irrazionale, come sbrigativamente vorrebbero molti “amanti della pace”. La guerra ha a che fare con la “pura e semplice ragione” (p. 45) come dice ancora Clausewitz. È un atto deliberato, una scelta strategica di tipo politico; il frutto di una intenzione ostile piuttosto che di un sentimento ostile. Come tale è sempre evitabile.

È interessante percorrere le oltre mille pagine dell’opera di Clausewitz, come sto facendo in questi giorni. Tante riflessioni appaiono oggi superate; altre sono ancora estremamente attuali. Ma per comprenderle, bisogna leggere tutto, senza (auto)infingimenti. Come si fa per ogni classico. Alla fine si viene sempre ricompensati della fatica.

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