Corsi e ricorsi delle leggende di guerra

All’indomani dell’11 settembre, si diffusero in tutto il mondo storie senza fondamento che avevano come protagonisti arabi pronti a far saltare tutto e tutti. Una di queste, ripetuta ad nauseam, è quella dell’arabo che smarrisce il portafogli nella metropolitana. Eccola nella versione narrata da Paolo Toselli, esperto di leggende urbane, in 11 settembre. Leggende di guerra, Avverbi Editore, Roma, 2002, p. 31:

In una stazione della metropolitana, un uomo dai lineamenti mediorientali perde il portafogli. Qualcuno se ne accorge, lo raccoglie e glielo restituisce. L’arabo ringrazia e contraccambia con un consiglio: “Non prenda il metrò domani”.

Questa storia ebbe diffusione a Londra, a Parigi, a Roma, a Milano, a Pordenone e anche altrove. A Milano, nell’ottobre del 2001, i responsabili di una scuola privata chiamarono addirittura le famiglie dei propri alunni per invitarli a non prendere la metro. I giornali ne parlarono più volte.  Oggi, siamo pronti ad attribuire il successo di storie come questa al clima di terrore successivo alla tragedia dell’11 settembre 2001. Il panico creato da quell’evento contribuì a far circolare narrazioni assurde in cui nessuno avrebbe mai creduto in altri tempi. Quello che però non sappiamo è che l’origine della storia della metropolitana non è contemporanea. Essa, infatti, risale almeno alla Prima guerra mondiale quando assunse una forma diversa che ci viene raccontata da Lord Ponsonby nel suo libro Falsehood in War-Time.

È naturale che alcune storie riguardassero la metropolitana di Londra, adoperata all’epoca come riparo dalle incursioni dello Zeppelin. Sir Basil Thomson ci fornisce una delle versioni della storia.

Una infermiera inglese aveva riportato in vita un ufficiale tedesco. In uno slancio di gratitudine, al momento di accomiatarsi, l’ufficiale le disse: «Non posso dire altro, ma faccia attenzione alla metropolitana (questo nell’aprile 1915)». Con il passare del tempo, il mese si spostò sempre più in avanti. Ci mettemmo a rintracciare l’origine di questa storia che stava passando di bocca in bocca fino a che arrivammo alla vicedirettrice di un convitto di Londra. La vicedirettrice dichiarò di averla udita dalla donna delle pulizie della scuola, ma questa negò fermamente di aver mai riferito una storia tanto ridicola.

Le affinità tra le due storie sono evidenti e oggi, a 100 anni di distanza dallo scoppio della Prima guerra mondiale, mi piace segnalare questa coincidenza. Che non è naturalmente una semplice coincidenza, ma una testimonianza della viscosità e della persistenza di storie che, carsicamente ritornano a perseguitarci quando il terrore attanaglia le nostre menti. Da notare che la protagonista è sempre una donna, il luogo dell’azione è sempre la metropolitana, cambia il “cattivo”: un arabo nel 2001, un tedesco nel 1915. Le leggende di guerra si aggiornano. Ciò che però non cambia mai sono le nostre paure ancestrali. Quelle hanno sempre bisogno di esprimersi. Anche attraverso il racconto di storie. Ecco perché le vicende della Grande Guerra sono ancora oggi tremendamente attuali. Perché, oggi come ieri, le guerre fanno paura.

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