Il Teorema di Thomas: quello strano oblio delle origini

William I. Thomas

William I. Thomas

“Se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze”. Questa è la formulazione del celeberrimo Teorema di Thomas, uno dei pochi teoremi diffusi in sociologia (ma, in effetti, non è un teorema), ma soprattutto uno dei principi comportamentali più proficui e promettenti delle scienze sociali. Il Teorema, poi evolutosi, grazie a Robert Merton, nella Teoria della Profezia che si autoavvera, ha ricevuto tantissime verifiche e applicazioni: dalla pedagogia all’antropologia, dalla criminologia alla psicologia sociale. Gli uomini e le donne si ispirano, senza saperlo, al teorema di Thomas nella vita quotidiana. E perfino la letteratura paga un costante tributo creativo al suo altare sociologico. Pensiamo al Don Chisciotte di Cervantes. Don Chisciotte, ubriaco di libri che parlano di cavalieri erranti, crede in un mondo in cui questi abbiano un ruolo e un senso. Di fatto, vede il mondo come lo vedrebbe un cavaliere errante (“ Se gli uomini definiscono reali certe situazioni…”). Per questo motivo, affronta i mulini a vento come fossero giganti, tenta di liberare una statua della Madonna dalle grinfie di religiosi in processione scambiandola per una donzella imprigionata, si dà alla difesa di torti immaginari e così via (“…esse saranno reali nelle loro conseguenze”).

Paradossalmente, però, a dispetto della sua celebrità, il Teorema di Thomas è poco noto nella sua storicità, perfino ai sociologi. Si sa che esso proviene da un’opera scritta da William Thomas e Dorothy Swayne Thomas nel 1928, intitolata  The Child in America. Il problema è che quest’opera non è mai stata tradotta in italiano e molti, non solo in Italia, credono che a scriverla sia stato il solo William Thomas, tanto che a questa strana dimenticanza ha dedicato un corposo saggio Robert Merton, parlando di Effetto Matteo per descrivere il curioso fenomeno per cui, quando un libro è scritto da due o più autori di cui uno è più famoso degli altri, la gente tende a ricordare solo il nome dell’autore famoso a scapito degli altri; autore famoso che così “diventa” ancora più famoso, mentre i meno celebri “diventano” ancora meno celebri. A parte questa curiosità, pochissimi hanno letto l’intera opera, pur interessante, dei due Thomas per cui essa è ricordata semplicemente come “l’opera nella quale è possibile trovare la formulazione originale del Teorema di Thomas”. Ma dove? E in quale contesto?

Per riparare a questa ignoranza, ho tradotto il testo che fa da immediato contorno alla citazione del Teorema, che è contenuto nel cap. XIII del libro, intitolato “La metodologia dello studio del comportamento”, alla pag. 572. Mi sembrava doveroso nei confronti di un autore che tanto mi ha dato e che tanto dà ai sociologi di tutto il mondo. E chissà che un giorno non mi sia chiesto di tradurre l’intero volume (che supera le 600 pagine!).

 Il documento relativo al comportamento (lo studio di un caso specifico, la storia di vita, la confessione psicoanalitica) rappresenta le situazioni della vita nella loro continuità esperienziale. Un valido documento di questo genere ci consente di esaminare le reazioni comportamentali alle varie situazioni, l’emergenza di tratti di personalità, la determinazione di atti concreti e la formazione di linee di condotta nella loro fase evolutiva. Forse la più grande utilità del documento relativo al comportamento sta nel fatto che esso ci dà l’opportunità di osservare gli atteggiamenti delle altre persone mentre influenzano la formazione del comportamento, in quanto le situazioni più importanti nello sviluppo della personalità sono gli atteggiamenti e i valori delle altre persone. Nel documento predisposto da Shaw (p. 97), abbiamo visto come il comportamento sia determinato in parte dalle istituzioni, considerate come situazione, e in parte dagli altri, pure considerati come situazione.

Ci è stato fortemente contestato, specialmente da chi aderisce alla scuola del “comportamentismo”, che questo metodo introspettivo non è né oggettivo né valido. I contestatori intendono dire che questi documenti non rivelano i meccanismi del comportamento, il processo della coscienza, ciò che accade dentro di noi quando pensiamo e agiamo, e su questo siamo d’accordo. Ma l’unico valore del documento sta nel fatto che esso ci rivela le situazioni che condizionano il comportamento, e su questo non vi è alcun dubbio.

Si può forse dubitare – cosa che avviene – della oggettività e veridicità del documento, ma perfino il documento più soggettivo ha valore per lo studio del comportamento. Un documento prodotto da qualcuno che compensa un senso di inferiorità o elabora una mania di persecuzione è quanto di più distante ci sia dalla realtà oggettiva, ma il punto di vista del soggetto sulla situazione, il modo in cui egli la considera, può essere l’elemento più importante ai fini dell’interpretazione. Il comportamento immediato, infatti, è strettamente associato alla definizione della situazione, la quale può corrispondere tanto alla realtà oggettiva quanto a una valutazione soggettiva espressa “come se” fosse oggettiva. Molto spesso, è proprio la grande discrepanza esistente tra la situazione come appare agli altri e la situazione come appare all’individuo a provocare un manifesto problema comportamentale.

Consideriamo un esempio estremo. Di recente, il direttore del carcere di Dannemora si è rifiutato di obbedire all’ordine del giudice di condurre un prigioniero all’esterno delle mura del carcere per un motivo specifico. Si è giustificato affermando che l’uomo era troppo pericoloso. Aveva ucciso diversi individui che avevano la sventurata abitudine di parlare in strada tra sé e sé. Dal movimento delle labbra, l’uomo credeva che gli rivolgessero ingiurie pesanti, e si comportava come se ciò fosse vero. Se gli uomini definiscono reali certe situazioni, esse saranno reali nelle loro conseguenze.

La situazione complessiva conterrà sempre fattori più o meno soggettivi, e la reazione comportamentale può essere studiata solo in rapporto al contesto generale, vale a dire alla situazione intesa in termini verificabili e oggettivi, e come appare alle persone interessate. Ad esempio, la documentazione comportamentale delle cliniche pediatriche fornisce importanti informazioni che comprendono il resoconto con il quale il bambino descrive la sua difficile situazione, le definizioni della situazione fornite da genitori, insegnanti ecc., che spesso non coincidono con quelle del bambino, e la relazione sui fatti della situazione che può essere controllata da ricercatori imparziali.

Fonte: Thomas, W.I., Thomas, D.S., 1928, The Child in America. Behavior problems and programs, Alfred A. Knopf, New York, cap. XIII “The Methodology of Behavior Study”, pp. 571-572.

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