Gli sconfinamenti epistemici di Ballantyne

«Gli sconfinatori epistemici sono intellettuali che possiedono competenze in un campo in cui esprimono giudizi validi, che passano ad altri campi di cui non hanno competenza e in cui, ciononostante, esprimono giudizi. Dovremmo sospettare dei giudizi espressi da queste persone in campi in cui non sono competenti».

È questo l’esordio del saggio di Nathan Ballantyne, Epistemic Trespassing, dedicato, appunto, agli sconfinamenti epistemici, le incursioni di esperti in campi del sapere diversi dal proprio, di cui non possiedono conoscenze o competenze adeguate.

Ballantyne cita l’esempio del due volte premio Nobel (per la chimica e per la pace) Linus Pauling, improvvisatosi scopritore di rimedi terapeutici a base di vitamina C; quello del biologo Richard Dawkins, che ha scritto più volte di religione; e quello dell’astrofisico Neil deGrasse Tyson e delle sue opinioni in materia di filosofia.

L’esistenza di tali sconfinatori pone una serie di problemi che Ballantyne affronta nel suo saggio e per i quali rimando al suo testo. Mi preme, tuttavia, proporre in questo post alcune considerazioni.

Da un lato, come è evidente da quanto sta accadendo in questa epoca pandemica, lo sconfinamento sembra sempre più coltivato dai media ai quali interessa acquisire e divulgare l’opinione dell’esperto anche in altri campi, facendo leva sul cosiddetto effetto alone, a cui, ricordo, ho dedicato il mio ultimo libro. In altre parole, chi ha la fama di esperto in un campo, vede la sua aureola espandersi anche su altri territori in merito ai quali il pubblico pare riconoscergli comunque competenze superiori alla media. È per questo che filosofi, politici, attori e ballerine sono “ricercati” se hanno un’opinione, meglio ancora se controversa, su un determinato argomento su cui non hanno diretta perizia. In qualche modo, le loro competenze reali circonfondono qualsiasi cosa venga da loro detta di un alone particolare. Così un attore come Enrico Montesano e una showgirl come Heather Parisi riescono ad esprimere opinioni strampalate e scorrettissime su un tema come il Covid (e ad acquisire followers), anche se queste non differiscono per nulla da quelle del proverbiale “uomo (o donna) della strada”.

Dall’altro, non dobbiamo affezionarci troppo all’idea di Ballantyne e ritenere che un esperto non debba mai sconfinare dalle proprie conoscenze. Innanzitutto, perché tutti hanno diritto ad esprimere un’opinione, con l’avvertenza che questa, da qualunque esperto provenga, non deve porsi come un dogma solo perché viene dal grande intellettuale di turno. In secondo luogo, perché non è detto che, ad esempio, un biologo non possa offrire una prospettiva nuova e stimolante su un campo come quello della religione, che, come tutti i campi che coinvolgono credenze, non dovrebbe essere appannaggio di teologi e sacerdoti. Anzi, questa è una delle modalità tramite cui il sapere avanza: confrontandosi con altri punti di vista. In terzo luogo, perché ci sono saperi, come ci avverte lo stesso Ballantyne, che possiamo definire “ibridati”, ossia chiamano in causa competenze diverse, come mostra ancora l’esempio del virus, argomento che incrocia competenze virologiche, mediche, psicologiche, sociologiche, antropologiche, politiche, amministrative, organizzative ecc.

Il termine “sconfinamento” (trespassing, in inglese) esprime un avvertimento, ma rischia di essere percepito come una censura. Affinché non lo diventi, dobbiamo essere consapevoli del fatto che è lecito sconfinare, ma i termini dello sconfinamento devono essere sempre chiari. Infine, non lasciamoci ingannare dall’effetto alone. Si può essere geni assoluti in un campo e idioti totali in un altro.

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