Come gli umani reagiscono al Covid

Una delle affermazioni più certe che possiamo fare riguardo a come gli esseri umani reagiscono alle epidemie è che tali reazioni seguono modelli narrativi molto simili, talmente simili da apparire quasi prevedibili. Facciamo alcuni esempi.

Al tempo della Spagnola (1918-1919), molte persone credevano che fumare potesse essere utile a uccidere “i germi dell’influenza”; altre che bere alcolici servisse a tenere lontana la malattia. Già all’epoca, emerse l’inutilità di questi comportamenti, ma è curioso notare che le due superstizioni sono riemerse durante la pandemia da Covid-19 tanto che vari siti istituzionali (qui, ad esempio) si sono sentiti in dovere di smentirle.

Per venire a tempi più recenti, Paolo Toselli, nel suo recente Complottismi, fa notare che «quando a febbraio 2019 si è scatenato un focolaio di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, la popolazione del Nord Kivu si è convinta d’essere vittima di un complotto governativo: l’Ebola non esiste e a trasmetterla sono i vaccini stessi, iniettati con l’intento di uccidere le popolazioni locali e attuare una selezione eugenetica» (p. 105).

Un altro esempio, tratto ancora dal libro di Toselli, riguarda l’epidemia di SARS che colpì la città di Toronto in Canada nel 2002. Allora, un certo Montalik si dichiarò convinto che la SARS fosse «parte di un programma ostile attuato dall’élite politica e militare mondiale per mantenere la popolazione terrestre sotto controllo» (p. 81). Per Montalik, la SARS non era affatto pericolosa, ma era stata spacciata come tale dal governo «con l’aiuto dell’OMS, per convincere il pubblico ad “accettare limitazioni sempre più restrittive alla loro libertà”» (p. 81). Una teoria che ricorda tantissimo teorie simili diffuse ai giorni nostri.

Si potrebbe continuare. Mi sembra chiaro, però, che il modello epistemico sotteso a tutte queste teorie è quello della semplificazione a fronte di fenomeni complessi e non chiari (almeno inizialmente) che suscitano timori e apprensioni. Di fronte all’inspiegabile, all’innominabile è meglio, per la nostra mente, una spiegazione qualsiasi, per quanto fantasiosa, che nessuna.

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