Rowley vs. Jenner ovvero del primo antivaccinismo

L’avversione o l’esitazione, come si preferisce oggi, nei confronti dei vaccini non è fenomeno recente e nemmeno contemporaneo.

Nel 1805, ad esempio, William Rowley (1742-1806), dottore in medicina presso l’Università di Oxford, figura eminente del pantheon medico dell’epoca, pubblicò un pamphlet al vetriolo nei confronti del vaccino antivaiolo scoperto da Edward Jenner (1749-1823) in cui inserì, fra l’altro, una serie di ritratti di individui sfigurati, trasformati, resi simili a mostri dopo essere stati vaccinati contro il vaiolo.

Per Rowley, infatti, la vaccinazione esponeva i destinatari a “morbi bestiali, che rendevano sudici la natura e l’aspetto della persona, il volto, gli occhi, le orecchie, affliggendola con cecità e sordità e diffondendo l’influenza nefasta del vaccino su tutto il corpo”. Se “il vaiolo è un castigo divino” – continuava Rowley – “il vaccino è il prodotto della presunzione umana: il primo è comandato da Dio; il secondo è forse un’audace violazione della nostra sacra religione”.

Rowley, come tanti altri dottori, politici, ecclesiastici e persone comuni dell’epoca, era contrario al vaccino sia per motivi medici, sia per motivi etici, religiosi, sociali. Una delle ragioni principali di tale avversione fu l’idea che per rendere immuni al vaiolo (smallpox, in inglese) fosse necessario inoculare gli individui con cowpox, un tipo di vaiolo (“vaiolo vaccino”, in italiano) che colpiva le mucche da latte e contagiava i mungitori. Jenner aveva tratto l’intuizione del suo vaccino proprio dall’osservazione che coloro che avevano a che fare con questi animali sembravano immuni al contagio da smallpox, avendo contratto il suo “cugino benevolo”, il cowpox.

In epoca predarwiniana, l’idea che una sostanza tratta da animali potesse giovare all’uomo era considerata eticamente abominevole e scientificamente mostruosa: di qui i ritratti di Rowley che mostravano ragazzi e ragazze “mutati” in bovini dopo la vaccinazione o donne che sviluppavano inquietanti corna sul capo. Si temeva, inoltre, che la deprecabile sostanza potesse alterare la mente dei vaccinati, inclinandoli sessualmente verso tori e mucche o potesse favorire la contrazione di altre terribili malattie come la sifilide.

Ben presto, l’immaginario collettivo si riempì di foschi timori nei riguardi della scoperta di Jenner, nonostante gli indubbi successi ottenuti.

Un altro motivo di avversione era di matrice religiosa: secondo alcuni, il vaccino era un tentativo arrogante di usurpare la volontà divina. Un altro ancora, derivava dalla resistenza a iniettare sostanze dubbie nel corpo di persone sane, argomento ancora oggi usatissimo dagli antivaccinisti.

La resistenza maggiore, però, si ebbe quando, nell’Ottocento, molti governi decisero di rendere obbligatoria la vaccinazione contro il vaiolo. Questa decisione fu avvertita come un vulnus alla libertà personale di scegliere e, in quanto tale, stimolò reazioni violentissime per le quali fu necessario l’intervento dell’autorità pubblica.

Oggi, i motivi di “esitazione” nei confronti dei vaccini contro il Covid-19 sono molto simili a quelli dei primi antivaccinisti come Rowley. Gli argomenti addotti riguardano la presunta inefficacia dei vaccini (“Tutto rimarrà come prima”), la loro nocività (“Moriremo tutti”), gli effetti collaterali letali o imprevedibili (“Non sappiamo quello che ci succederà di qui a qualche mese/anno ecc.”), la trasgressione di norme religiose e principi etici (“I vaccini sono fatti con cellule di feti abortiti”). Inoltre, gli antivaccinisti tendono a sovrastimare ogni possibile effetto avverso, per quanto minimo, dei vaccini in contrapposizione ai benefici, proiettando una luce nefasta su effetti che, a ben vedere, sono comuni anche ad altri trattamenti.

Insomma, come dico nel mio recente Epidemia e panico morale, negli attuali movimenti antivax «ritroviamo gli stessi timori contro i “pericoli” dei vaccini, gli stessi argomenti pseudo-scientifici a sostegno delle posizioni contrarie alla inoculazione, le stesse forme di reazione contro le istituzioni e le norme che promuovono l’obbligatorietà della vaccinazione, le medesime sanzioni (o quasi) da parte delle autorità, le medesime forme di martirio adottate dagli antivaccinisti».

Credo sia necessario studiare queste forme costanti di resistenza sanitaria che si ripropongono periodicamente, significando aspettative e atteggiamenti radicati nell’animo e nelle società umane.

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