“Finestre rotte” di Kelling e Wilson

Pubblicato nel 1982, “Finestre rotte” (Broken Windows) di George Kelling e James Wilson è ancora oggi l’articolo di criminologia più citato da esperti, criminologi, sociologi, rappresentanti delle forze dell’ordine, amministratori della sicurezza e leader di comunità degli ultimi trent’anni.

Negli Stati Uniti è stato definito dai media come la “bibbia della polizia”, il “prototipo dell’attività di comunità della polizia”, una “rivoluzione nell’ambito della sicurezza pubblica”, un raro esempio di teoria che funziona indiscutibilmente.

La sua implementazione negli anni Novanta avrebbe trasformato la città di New York – allora una delle capitali mondiali del crimine – in un luogo sicuro e protetto. Il suo “verbo” ha contagiato l’operato dei poliziotti di mezzo mondo e gli slogan che da esso sono derivati – “tolleranza zero”, “tough on crime” (“nessuna pietà contro il crimine”) – hanno ispirato le politiche securitarie di molte amministrazioni fino ai giorni nostri

La tesi centrale dell’articolo – se in un quartiere si verificano inciviltà e disordini minori e nessuno vi pone rimedio, ben presto questi condurranno ad altri reati minori che, a loro volta, condurranno verso reati più gravi – è ancora oggi brandita da politici e amministratori come una verità indiscutibile che continua ad alimentare discussioni di ogni tipo e visioni della criminalità.

Raramente un testo di criminologia ha attirato tanti consensi e dissensi, esaltazioni e critiche al vetriolo, tentativi di applicazione e di emulazione.

A dispetto di ciò, l’articolo continua a essere più citato che letto. Qui la mia traduzione con una introduzione che descrive il contesto di nascita della teoria, la storia, le applicazioni, i meriti e i demeriti, gli equivoci.

Una lettura indispensabile per chi ha interesse nella criminologia.

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