Psicologia spicciola della ricetta di cucina

Melanzane alla pizzaiola

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Tagliate le melanzane a fette spesse circa ½ cm. Fate riscaldare una piastra e, quando sarà bollente, cospargetevi del sale grosso e fate grigliare le melanzane da entrambi i lati.

In una padella versate un filo d’olio e fatevi soffriggere bene i due spicchi d’aglio. Quando saranno dorati, versate la passata, aggiungete un pizzico di sale e lasciate cuocere per 10 minuti circa, aggiungendo un mestolo d’acqua se necessario. Nel frattempo tagliate la mozzarella a cubetti.

Ponete le fette di melanzane su una teglia foderata di carta da forno, distanziate fra loro. Condite ora le melanzane mettendo su ciascuna fetta uno strato di sugo di pomodoro, qualche cubetto di mozzarella, una spolverata di origano e un filo d’olio… (da un qualsiasi sito web di ricette).

Le ricette di cucina sono testi fortemente prescrittivi e catechistici, contraddistinti dall’uso incalzante dell’imperativo verbale e da istruzioni rigide che, di solito, prevedono pochissime (se non nessuna) alternative e una sequenza rigorosamente preordinata di fasi. Il tono e il contenuto ricordano molto quelli di un testo di legge con la differenza che non sono previste sanzioni disciplinari in caso di deviazione dalla norma, se non quella – implicita – del fallimento culinario.

Ci sono almeno due modi di interpretare le ricette di cucina; due tipi-ideali per dirla con Max Weber. Il primo è quello di considerarle alla stregua di testi sacri da venerare e rispettare fino all’ultima dose raccomandata. Il secondo è quello di deviare creativamente dal testo e provare a contaminarlo, alterarlo, integrarlo, in altre parole personalizzarlo.

Ho l’impressione che queste due reazioni ideal-tipiche configurino altrettanti tipi-ideali di personalità. Nel primo ricadono persone tendenzialmente conservatrici, ossequiose del potere e dell’ordine costituito, dotate di poco spirito critico, rispettose di ogni norma solo perché norma, scarsamente creative, che raramente prendono l’iniziativa e altrettanto raramente innovano i loro comportamenti, abitudinarie, obbedienti, prevedibili. Nel secondo ricadono persone tendenzialmente creative, critiche, innovatrici, disposte a mettere in gioco se stesse e le loro conoscenze, che si lasciano tentare dalla sperimentazione e dalla contaminazione.

Queste mie osservazioni sono corroborate dall’osservazione di pochi casi empirici e hanno un valore meramente aneddotico. Sarebbe, però, interessante sapere se il modo di interpretare le ricette sia davvero rivelatore della personalità di base di chi interpreta. È solo psicologia spicciola. Ma chissà! Si potrebbe fondare un nuovo orientamento psicologico.

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