Hey! Teachers! Don’t leave them kids alone!

brick

Tutti ricordano Another brick in the wall dei Pink Floyd, testo generazionale e polisemico, pietra miliare della musica e della cultura popolare contemporanea. Tutti concordano nel ritenere che la seconda parte della canzone rappresenti una critica feroce del sistema scolastico odierno, accusato di praticare il lavaggio del cervello agli studenti (“thought control”) e di incasellarli come mattoni (“bricks”) nel muro costruito dal sistema sociale della contemporaneità. Questa critica echeggia quella che, negli anni precedenti alla composizione del testo (1979), sociologi come Illich, Bourdieu, Barbagli ecc. avevano già rivolto all’istituzione scolastica, accusata di tendere alla mera riproduzione dell’ordine sociale esistente, e agli insegnanti, “vestali della classe media” di cui custodivano e trasmettevano il sapere asfittico e ammuffito: la scuola, dunque, come istituzione “funzionale al sistema” (per usare un’espressione oggi non più in voga) con l’obiettivo di smorzare il pensiero critico e incoraggiare il conformismo. Le cose stanno ancora così? La scuola ha ancora e solo una funzione conformistica?

Secondo me, no. Anzi, la scuola ha in sè potenzialità dirompenti. E questo per vari motivi.

Innanzitutto, gli insegnanti di oggi sono proprio quelli a cui si rivolgevano i Pink Floyd negli anni Settanta, che hanno assorbito tutta la letteratura critica nei confronti della scuola, comprese le versioni cinematografiche come L’attimo fuggente (1989), e che hanno, dunque, maturato un punto di vista diverso su obiettivi e finalità della scuola.

In secondo luogo, gli inviti di governanti e maîtres à penser attuali a cambiare la scuola (Berlusconi che, nel 2011, attacca la scuola pubblica accusandola di inculcare ideologie e valori non conformi) o ad abbandonarla quanto prima per “mettere su una fabbrichetta” o una “start-up” (come si dice oggi) perché tanto non conta essere preparati (Nicole Minetti docet), sono una spia della straordinaria importanza della funzione critica della cultura nella fase attuale della nostra società e della necessità, oggi più che mai, di mantenere una mente vigile e aghiforme nei confronti della classe dirigente, che pure ci chiede di non credere alla cultura. Se “loro” attaccano la scuola è perché sanno che da essa possono nascere aspirazioni “malsane” a cambiare la società.

In terzo luogo, la riduzione schiacciante del sapere a strumento di inserimento nel mercato del lavoro, che legittima logiche come quelle del “numero chiuso” e mortifica le funzioni tradizionalmente critiche della conoscenza, fa passare il messaggio che ciò che si impara a scuola serva solo al raggiungimento del “posto di lavoro”, e che, una volta raggiunto questo, sia lecito dedicarsi ai giochi a quiz della RAI e di Mediaset o allo sport su Sky. Questa forte strategia riduzionistica è la spia delle potenzialità eversive che la scuola ancora incarna, che potrebbero mettere in discussione le fondamenta economicistiche e mercantili del sistema attuale. Di qui, per chi ci governa, la necessità di costruire un recinto utilitaristico intorno ad esse, proponendo modelli economicistici e mercantili di successo (il tycoon rampante, ma anche il vincitore del Grande fratello) il cui slogan potrebbe essere: “Altro che scuola, qui ci vogliono le palle!”.

Di fronte a questi segnali, e altri potrebbero essere citati, è possibile concludere che la scuola e l’università non sono più, oggi, produttori di ruote di ingranaggi, ma potenziali generatori di saperi temibili, contro cui la classe dirigente sbraita e si affaccenda per paura che il muro che sta costruendo vada a finire per terra con un calcio. Forse, allora, se i Pink Floyd riscrivessero oggi la loro canzone, direbbero “We do need more education” e inviterebbero gli insegnanti a non lasciare da soli (“leave alone”) i ragazzi di oggi, ma a fornire loro quante più conoscenze possibili.

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2 risposte a Hey! Teachers! Don’t leave them kids alone!

  1. Robo scrive:

    Dottore, apprezzo tantissimo la sua capacità di analisi del sociale (anche perchè io non ce l’ho). Leggendola pare che ogni atto delegittimante nei confronti dell’istituzione scolastica sia parte di un piano ben preciso di contenimento di flame “rivoluzionari” che da essa potrebbero scaturire. Io ho un dubbio: non é che invece ognuno degli aspetti da lei citati non sia in realtà slegato da un disegno più generale ma rappresenti solo l’espressione di singoli? Magari costoro sono assurti anche a modello sociale di successo e magari il consumismo cerca di stuzzicare i nostri aspetti deteriori e/o emotivi per autoalimentarsi. Ma se unendo tutti i fili facciamo scaturire il burattinaio non rischiamo noi stessi un fenomeno di pareidolia del pensiero? Cari saluti.

    • Romolo Capuano scrive:

      Sono d’accordo con lei. Le mie osservazioni non vogliono far pensare a una sorta di cospirazione contro la scuola, ma a una delegittimazione culturale diffusa di cui molti si fanno portavoce e che, a mio avviso, deve spingere la scuola a farsi promotrice di un pensiero critico nuovo e attuale. Comunque, mi sembra che lei sia dotato di un’ottima capacità di analisi del sociale. Complimenti e a presto.

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