L’effetto Forer

È noto come la fama di alcune personalità del mondo della letteratura, della musica, delle scienze umane, delle arti sia legata a un unico libro, a un’unica composizione, a un unico concetto, a un’unica scultura. Questo sembra essere il caso dello psicologo americano Bertram R. Forer (1914–2000) il cui nome è associato oggi quasi esclusivamente all’effetto Forer, uno dei più curiosi e produttivi fenomeni della psicologia, la cui fama ha travalicato ampiamente i confini della sua disciplina fino a divenire patrimonio intellettuale di tutti coloro che si addentrano negli affascinanti meandri della psiche umana.

Nato a Springfield, nel Massachusetts, laureatosi presso la locale università e conseguito il dottorato in psicologia clinica presso l’Università della California a Los Angeles, Forer lavorò come psicologo in un ospedale militare durante la Seconda guerra mondiale, per poi dedicarsi alla sua professione a Malibu, sempre in California. La moglie, Lucille Kremith Forer, anch’essa psicologa è l’autrice del fortunato The Birth Order Factor (1976) nel quale è esplorata l’importanza dell’ordine di nascita nello sviluppo della personalità.

L’effetto Forer emerge in un breve articolo del 1949, intitolato “The Fallacy of Personal Validation: A classroom Demonstration of Gullibility” (“La fallacia della convalida soggettiva: una dimostrazione di credulità in aula”). L’esperimento descritto nell’articolo è presto riassunto. Forer somministra a 39 studenti di un corso introduttivo di psicologia un test di personalità denominato DIB (Diagnostic Interest Blank, traducibile con  “Questionario diagnostico degli interessi”). In seguito, restituisce agli studenti un profilo di personalità, apparentemente scaturito dalle risposte al test, in realtà prelevato da comuni riviste di astrologia e unico per tutti. Il profilo è composto da affermazioni del tutto generiche, divenute in seguito un punto di riferimento per tutti i “cultori” dell’effetto Forer e, per questo, ancora oggi ripetute senza soluzione di continuità non solo in manuali di psicologia e testi divulgativi, ma anche in molteplici siti e blog. Forer chiede, quindi, agli studenti di valutare l’accuratezza del profilo su una scala da zero (il punteggio minimo) a cinque (il punteggio massimo), ottenendo una valutazione media di 4,26 (92%), un punteggio altissimo, sostanzialmente confermato anche da successive repliche dell’esperimento. In pratica, l’esperimento dimostra che gli individui, posti di fronte a una descrizione generica della personalità, tendono ad adattarla a se stessi, come se la descrizione fosse rivolta unicamente alle loro persone e nonostante la vaghezza della descrizione la renda adattabile a un numero molto ampio di individui.

Ciò avviene, come spiega lo stesso Forer, perché gli individui non si differenziano tra loro per il possesso o l’assenza di determinati tratti di personalità. Tutti esibiscono gli stessi tratti di personalità. Ciò che cambia è il grado con cui questi tratti si manifestano in ogni singolo individuo. L’individuo, in altre parole, è una configurazione unica di caratteristiche non uniche, rinvenibili in tutti in misura variabile.

Perché è importante l’effetto Forer? Che cosa ha da dirci sul funzionamento della nostra mente? Perché maghi, cartomanti, sensitivi, medium, ma anche pubblicitari, politici, psicologi ne fanno largo uso?

Ho tradotto integralmente l’articolo di Forer qui. L’articolo è preceduto da una mia corposa introduzione che spiega nel dettaglio la rilevanza del fenomeno in un’epoca che si dice razionale, ma che si lascia avvincere da fake news e altre irrazionalità. Una lettura importante per chi voglia capire il nostro tempo e la nostra credulità.

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