Il Cavallo di Troia che era una nave

A volte gli errori di traduzione creano certezze millenarie, ritenute salde come rocce e tramandate coerentemente nei secoli tanto da divenire patrimonio inattaccabile del senso comune. È questo il caso del celebre “Cavallo di Troia”, di cui Parlano Omero e Virgilio, e che, secondo Francesco Tiboni, archeologo navale e  dottore di ricerca presso l’Università di Marsiglia, non sarebbe in realtà mai stato un cavallo, bensì una nave. Più precisamente, secondo Tiboni, l’“oggetto” misterioso realizzato astutamente dai greci per penetrare nelle mura di Troia, dopo un assedio durato dieci anni, non sarebbe stato letteralmente un cavallo, in greco hippos, bensì un tipo di nave fenicia chiamato ordinariamente Hippos a causa di una polena, cioè una decorazione lignea posta sulla prua delle navi, intagliata a forma di testa di cavallo. 

Secondo Tiboni,  l’equivoco, avvalorato da Virgilio (70 a.C.-19 a. C.), nacque intorno al VII secolo a. C., periodo al quale risalgono le opere post-omeriche prese a riferimento dallo stesso Virgilio. È probabile, afferma Tiboni, «che Virgilio, cui si deve la vera grande diffusione del tema nella cultura occidentale, abbia codificato tale passaggio utilizzando il termine latino equus (“cavallo”), come farà anche il filosofo bizantino Proclo (412-485 d. C.) nella Crestomazia, riportando testi di Lesche di Mitilene (VIII-VII sec. a. C.) e di Arctino di Mileto (VIII sec. a. C.)».

Spiega Tiboni:

Dal punto di vista lessicale, appare evidente che l’apparizione del cavallo risulta legata a un errore di traduzione, un’imprecisione nella scelta del termine corrispondente che, modificando di fatto il contenuto della parola originaria, ha portato alla distorsione di un’intera vicenda. Se, infatti, esaminiamo i testi omerici, reintroducendo il significato originale di nave – certamente noto ai contemporanei – non solo non si modifica in alcun modo il significato della vicenda, ma l’inganno tende ad acquisire una dimensione meno surreale. È di certo più verosimile che un’imbarcazione di grandi dimensioni possa celare al proprio interno dei soldati, e che loro possano uscire calandosi rapidamente da portelli chiaramente visibili sullo scafo e per nulla sospetti agli occhi di chi osserva.

Del resto, le opere di Omero e di Virgilio sono piene di riferimenti lessicali marinareschi che circondano la costruzione del monumentale “cavallo”. Nell’Iliade e nell’Odissea, ad esempio, Omero elenca con dovizia di particolari le imbarcazioni dei greci e, quando descrive l’episodio della costruzione di una zattera da parte di Ulisse, spiega con grande precisione i legni, gli utensili e le tecniche di assemblaggio utilizzati. Anche Virgilio, quando nell’Eneide narra della costruzione dell’artefatto, descrive, in realtà, le antiche tecniche della cantieristica navale del periodo. Cita, infatti, un trave centrale in legno di acero che, nella storia dei relitti, trova riscontro solo in una nave: la famosissima nave punico-fenicia di Marsala, oggi conservata nel locale Baglio Anselmi.

Tiboni non è il primo ad avere avuto dubbi sulla identità del Cavallo di Troia. Già Pausania il Periegeta (110-180 d. C.), nel II sec. d. C. scriveva: «Che quello realizzato fosse un marchingegno per abbattere le mura e non un cavallo lo sa bene chiunque non voglia attribuire ai Frigi un’assoluta dabbenaggine. Tuttavia la leggenda dice che è un cavallo».

La differenza rispetto all’antichità è che oggi l’archeologia navale avrebbe dimostrato scientificamente l’errore di attribuzione sulla scorta di rinvenimenti e saperi ben sviluppati e ormai in possesso degli addetti al lavoro. Un colpo al fianco per i cultori della leggenda del cavallo di Troia, ma, come fa notare il giornalista Andrea Pomella, Virgilio (ma lo stesso discorso vale per Omero) non era uno storico, ma un poeta e probabilmente non aveva interesse tanto per la vicenda reale che descrisse nella sua opera, quanto per l’effetto poetico delle sue parole. E la poesia, forse, trae vigore più dall’immagine, per quanto straniante, di un cavallo usato come arma in una guerra che di una nave.

Fonti:

Tiboni, F., 2017, La presa di Troia. Un inganno venuto dal mare, Edizioni Storia e Studi Sociali, Ragusa.

Cionci, A., 2017, “Il mito del cavallo di Troia? L’archeologo: “In realtà era una nave””, La Stampa, 1 novembre.

Pomella, A., 2017, “Che sia un cavallo o una nave, il mito dell’Hippos di Troia resterà \infrangibile”, Il Fatto Quotidiano, 2 novembre.

“TourismA 2018. “Il cavallo di Troia? Una clamorosa fake news dell’antichità. L’archeologo navale Tiboni: “Omero non ha mai scritto di un cavallo. Ilio fu vinta con l’inganno: ma entro le sue mura fu fatta penetrare una nave di tipo fenicio nota come hippos”, Archeologia Voci dal Passato, 19 febbraio 2018.

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