Dell’arte e della guerra

“La bellezza salverà il mondo!”. “Le arti spazzeranno via la guerra”. “La cultura ci darà la vittoria”.

In tempi di guerra, sono frequenti gli appelli alla letteratura, alla pittura, al cinema, all’arte in genere, in quanto elementi redentori, agenti molto più efficaci delle armi per “donare” la pace al mondo offeso.

Si crede comunemente che i tiranni zittiscano l’arte durante la guerra e facciano di tutto per rimuoverla dai consessi umani pur di far prevalere l’irrazionalità dei loro sforzi bellici. Niente di più falso. Quando c’è la guerra, tutte le arti sono poste al suo servizio, anche se spesso non ce ne accorgiamo.

Lo rivela, in un passo che è opportuno citare per intero, lo storico britannico John Rigby Hale, richiamando la nostra attenzione su una triste verità:

Nella pinacoteca di Torino è esposta una delle più menzognere allegorie di quell’epoca (il XVI secolo). Dipinta da Lucas de Heere, rappresenta il destino delle sette arti liberali in tempo di guerra. Esse ci vengono mostrate addormentate, in bel disordine, sul pendio di una collina: nella valle sottostante è in corso una battaglia, mentre dal consiglio degli dèi giunge Mercurio con un messaggio di pace, per comunicare alle arti che possono ridestarsi. Nella realtà, Mercurio avrebbe trovato la collina abbandonata e le sue amabili colleghe impegnate fino al collo nella battaglia: la Retorica intenta a incitare i soldati con discorsi e manifesti, la Matematica occupata a schierare le truppe secondo moduli numerici, la Musica a eccitarle alla battaglia con pifferi e tamburi (incoraggiata in ciò da una concezione che identificava la guerra con l’armonia musicale); l’Architettura a dare il tocco finale a una fortezza, l’Astronomia a prestare un cannocchiale al generale favorito, la Grammatica intenta a prendere appunti per celebrare la vittoria, e la Filosofia a far lo stesso per giustificarla (John Rigby Hale, Eserciti, flotte e arte della guerra, in AA.VV., Storia del mondo moderno. La Controriforma e la rivoluzione dei prezzi 1559-1610, a cura di Jean Olivia Lindsay, vol. III, pp. 213-214, citato in Cardini, F., 1995, Quella antica festa crudele. Guerra e cultura della guerra dal Medioevo alla Rivoluzione francese, Mondadori, Milano, p. 438).

Ancora oggi, queste parole sembrano vere. L’arte non dorme durante la guerra, ma combatte al fianco di soldati e cannoni, che celebra orgogliosa con tutta la sua creatività.

Certo, è sempre possibile contrapporre all’arte guerriera, l’arte della pace. Credere però che letteratura, pittura e filosofia languiscano, ridotte al silenzio dal rumore dei proiettili e delle palle di cannone è una menzogna su cui non si può tacere.

A volte la bellezza non salva il mondo. Lo distrugge.

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