Calcio e mascherine

Mentre scrivo questo post, non so ancora se il campionato italiano di calcio di Serie A riprenderà o si arenerà definitivamente nelle secche della pandemia di coronavirus che contrassegna questo 2020. Non sarebbe la prima volta che un torneo calcistico non viene portato a conclusione. Anzi, la storia ci ricorda che nelle stagioni sportive 1943-1944 e 1944-1945, ad esempio, il campionato italiano di calcio non venne nemmeno disputato a causa della Seconda guerra mondiale. Eppure, non manca chi, a torto, parla di evento storico, inusitato o straordinario, mentre milioni di tifosi lamentano la iattura di una mancata ripresa dei giochi.

La storia, però, ci consegna una lezione che dobbiamo ricordare se non vogliamo cadere nei soliti luoghi comuni apocalittici.

Nel 1898, in Inghilterra, diverse partite di calcio furono rinviate e giocate a porte chiuse per timore che l’epidemia di vaiolo che aveva colpito il paese traesse vigore dalle calche dei tifosi assembrati per sostenere i propri idoli. Provvedimenti severi furono presi anche nei confronti dei protagonisti: solo i calciatori che potevano dimostrare, tramite certificato, di non aver contratto il vaiolo ebbero accesso al campo di gioco.

Scenari simili si ebbero durante la pandemia di Spagnola negli anni 1918-1920. Pedro Nava, un testimone dell’epoca, racconta che, nel 1918, in Brasile, diversi incontri di calcio furono giocati a porte chiuse; alcuni anche nel celeberrimo Maracanã. La medesima situazione si ebbe in Europa, dove non era insolito che poliziotti armati di manganello intervenissero a disperdere con la forza torme indisciplinate di tifosi.

Alcune foto scattate negli Stati Uniti ritraggono giocatori di baseball e di college football con la mascherina. Sempre negli Stati Uniti, a causa dell’interruzione della Major League Baseball, alcuni atleti furono costretti a trovarsi un lavoro per vivere. Altri giocarono dopo aver contratto l’influenza per poi guarire sorprendentemente o morire inesorabilmente. Ieri, come oggi, la pandemia non risparmiò né atleti né allenatori.

Paradossalmente, fu proprio la Spagnola a “promuovere” la crescita dello sport: l’idea che le attività fisiche all’aria aperta giovassero alla salute contribuì alla popolarizzazione di varie discipline, mentre, nel 1920, Alfonso XIII di Spagna, il quale, contraendo l’influenza, aveva involontariamente offerto l’occasione per “battezzare” l’epidemia con il nome di Spagnola, attribuì l’etichetta di Real a una modesta compagine sorta nel 1902 con la denominazione ufficiale di Madrid Club de Fútbol, destinata a essere nominata dalla FIFA squadra di club del secolo. Insomma, partite a porte chiuse, giocatori con indosso mascherine e campionati sospesi non sono affatto una novità.

Inoltre, non tutto il male viene per nuocere. Chissà che, a proposito di calcio, l’ingombrante Covid-19 non ci insegni ad amare di più e a dare meno per scontato questo sport, che rimane inevitabilmente affascinante come poche cose nella vita.

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