Turpiloquio apotropaico neonatale


Donna Borana. Foto di Rod Waddingtonfrom Kergunyah, Australia

È noto che, da tempi antichissimi, l’evento della nascita è circondato da uno stuolo di timori, ansie, superstizioni che ancora oggi sopravvivono, almeno in parte, nel mondo occidentale e che significano l’assoluta rilevanza di questo evento nella nostra cultura come pure nelle culture diverse dalla nostra.

Una delle usanze più curiose al riguardo proviene dall’Africa e ci viene raccontata dalla psichiatra Alessandra Piontelli. In alcune regioni africane, ad esempio tra i Borana in Kenya, la nascita di un bambino è accompagnata da pesanti ingiurie rivolte al nascituro per tenere lontani gli spiriti del male.

Scrive la Piontelli:

Quando poi il bambino è nato, alcune iniziano a gridargli insulti a volte ripugnanti come: “Piccolo pezzo di merda puzzolente!” o “Schifoso essere! Fai proprio schifo!” […]. Lo fanno per allontanare o dissuadere gli spiriti malvagi dall’avvicinarsi e fondamentalmente dal portar via il bambino per ricondurlo al regno delle tenebre. La paura della morte neonatale è fortemente (e non senza giustificazione) radicata in tutte (Piontelli, A., 2020, Il culto del feto. Come è cambiata l’immagine della maternità, Raffaello Cortina Editore, Milano, pp. 239-240).

Si tratta di un rilevante esempio di turpiloquio apotropaico, di cui ho già parlato in un post precedente, oltre che nel mio libro Turpia. Sociologia del turpiloquio e della bestemmia (2007), che dimostra come parolacce e bestemmie non vengano adoperate solo per fini di ingiuria, offesa, esclusione, ma anche per favorire, seppure in modi apparentemente bizzarri, scopi positivi e di solidarietà sociale.

Un altro esempio ci viene dal Friuli dell’età moderna. Nel 1600, alcune pratiche magiche popolari prevedevano il turpiloquio per tenere lontano il male. Ad esempio, la formula “Fui, fui, ruie et il mio con ti mangiuie” (Fuggi, fuggi, bruco e la mia vagina ti mangiucchia) veniva recitata per tenere lontani i bruchi che  mangiavano i raccolti. La formula “Nul, nul, fa tant mal, cu’ po’ fa chist cul” (Nuvolo, nuvolo, fa tanto male quanto può fare questo culo), invece, veniva recitata per allontanare la grandine (Del Col, A., 2009, L’inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Mondadori, Milano, p. 575).

Insomma, per quanto siamo abituati a giudicarlo da un punto di vista morale e moralistico, il turpiloquio è un fenomeno estremamente complesso, suscettibile di interpretazioni diversissime per le quali rimando, ovviamente, alla lettura del mio libro.

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