Non importa quello che dici, ma dillo!

Un principio cardine della nostra società dell’informazione sembra essere il seguente: non importa quanto la tua opinione sia assurda, ridicola, estrema, improbabile, scriteriata, paradossale, priva di fondamento. Se hai la possibilità di ripeterla un numero n di volte attraverso i mass media – indipendentemente dal mezzo adottato – troverai sempre qualcuno disposta a condividerla, approvarla, sostenerla.

L’efficacia di questo principio è evidente: negazionisti di qualsiasi tipo, cultori di idee politiche estreme o superate, conduttori radiofonici trash, urlatori perennemente indignati, centauri da tastiera, provocatori dei giorni feriali, aggressori della parola, insieme a disapprovazioni, sbertucciamenti, fischi e pernacchie (dei più), trovano di solito applausi, consensi, baci e abbracci (anche di pochi) per il solo fatto di declamare le loro idee (?) da una tribuna massmediatica a intervalli periodici. Al limite, basta una contumelia, una hate word, un suono appena meno equivoco di un rutto per attirare almeno uno spettatore/ascoltatore disposto a commentare che, sì, finalmente qualcuno l’ha detto; qualcuno ha finalmente trovato il coraggio di dirlo (e non importa cosa).

In questo, leggo la necessità (forse) da parte di tanti di emanciparsi da una vita mediocre, basata sul correttese linguistico e sul rispetto delle convenzioni a ogni costo. O forse una sorta di ossequio nei confronti dei mezzi di comunicazione di massa, ritenuti di per sé veicolo venerando di informazioni e, quindi, da rispettare nei contenuti al di là dei… contenuti stessi.

Perché, ad esempio, trova ascolto il conduttore radiofonico dal lessico ristretto e dalla inclinazione al menefreghismo? O il medico negazionista il cui eloquio non distingue tra la “t” e la “d”? O il conduttore televisivo che contende agli ospiti del suo programma la palma di chi la spara più grossa? Per non parlare della celebrità di Tik Tok, che si limita a muovere gli occhi in alto e in basso e a dire “Ciao, ragazzi!”.

Insomma, i media, anche social, stendono sui loro protagonisti una patina di credibilità e notiziabilità che sembra depauperare ogni senso critico, sabotare ogni criterio di ragionevolezza, disinnescare ogni possibile obiezione. In questo modo, tutti possono essere qualcuno o, almeno, trovare qualcuno che dica loro: “Bravo!”. Non è tanto, ma a volte basta davvero poco per dare un senso alla propria esistenza!

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