Implicazioni trascendenti delle somiglianze fisiche

È per noi sempre causa di meraviglia la somiglianza tra figli e genitori. Quando amici e parenti ci presentano la loro progenie commentiamo con meraviglia le affinità somatiche, i colori uguali, quella fossetta proprio così o quel naso che fa tanto papà. “Tutta uguale a te!” esclamiamo in uno stato semiestatico. “Guarda quei capelli! Proprio come la madre!”. Eppure, non dovremmo meravigliarci. Le somiglianze fisiche tra una generazione e l’altra sono un fatto banale, ordinario, tanto che spesso ci meravigliamo se tali somiglianze non sussistono. E allora perché continuiamo a trarne perpetua fascinazione? Perché continuiamo ad aprire la bocca ed esclamare “Oh!” come se fosse qualcosa di stra-ordinario, quasi miracoloso. Una spiegazione che mi sono dato è che le affinità somatiche tra genitori e figli sono una delle evidenze più immediate di una sorta di continuità della vita, ossia della vita continua della specie. Esse testimoniano, in altre parole, che l’umanità, considerata nel suo complesso, ha la meglio sulla finitezza del singolo umano, travalica i confini della vita personale e si impone oltre le barriere temporali che sovrastano l’individuo. In sostanza, le somiglianze fisiche intergenerazionali sono la spia di una possibile immortalità: quella della specie umana. E allora, quando diciamo “oh!”, traiamo un sospiro di sollievo che sembra dire: “Non tutto di noi andrà perduto. Qualcosa resterà nei nostri figli e si trasmetterà ai loro figli e poi ai figli dei figli e così via”. E questo pensiero ci rassicura e ci rende la vita più sopportabile.

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