Il sonno come fatto culturale

Oggigiorno, dormire sette o otto ore di seguito a notte è considerato da tutti gli esperti come il modo migliore di assicurare al nostro organismo un benessere psicofisico ottimale, in grado di farci affrontare la giornata in totale serenità. Questa raccomandazione è diventata talmente routinaria che, per noi, ogni altro stile di sonno sarebbe considerato improprio, se non nocivo. Non a caso l’insonnia è uno dei nemici quotidiani di noi contemporanei, così come ogni interruzione involontaria del sonno durante la notte.

Può dunque destare meraviglia il fatto che, nell’Europa premoderna, le persone osservavano uno stile segmentato o bifasico di sonno che oggi troveremmo strano, se non patologico. In quei tempi, infatti, si andava a dormire poco dopo il tramonto per circa quattro ore, ci si svegliava intorno alla mezzanotte, rimanendo svegli per una o due ore, per poi ripiombare nel sonno poco dopo.

Lo storico Roger Ekirch, autore del libro At Day’s Close: Night in Times Past (2006), menziona al riguardo l’esistenza di un “primo sonno” e di un “secondo sonno” come caratteristiche precipue del sonno medievale. L’intervallo tra il primo sonno e il secondo, chiamato dorveille, era riempito andando “in bagno” (anche se all’epoca andare in bagno significava qualcosa di diverso da oggi), rimanendo presso il focolare, svolgendo le faccende domestiche, facendo sesso, visitando i vicini o pregando.

Del resto, il sonno in epoca preindustriale non poteva certamente essere considerato ideale. La criminalità notturna, il rischio sempre incombente di morte, i frequenti incendi, il calore insopportabile, il freddo pungente, la presenza di pulci e pidocchi, l’assenza di una vera privacy erano tutti fattori non certamente congeniali a un sonno di otto ore ininterrotto.

Le cose cambiarono completamente a partire dal Settecento. La rivoluzione industriale, l’invenzione della luce artificiale, l’assunzione frequente di caffeina, la diffusione degli orologi, i nuovi ritmi di lavoro stravolsero gli abituali cicli sonno-veglia, introducendo l’idea di sonno uniforme e ininterrotto, più funzionale alle cadenze imposte dalle nuove forme di lavoro capitalistiche, basate sull’ossessione della produttività e sulla equivalenza frankliniana tra tempo e denaro.

Tale stravolgimento divenne con il tempo senso comune al punto che oggi un sonno prolungato e ininterrotto è diventato il modo normale e ideale di dormire, un’abitudine naturale ogni deviazione dalla quale desta serie preoccupazioni.

Non dobbiamo, tuttavia, pensare a una netta contrapposizione tra un modello premoderno e uno moderno di sonno. In realtà, anche nel Medioevo, come attestano vari documenti, si dormiva in maniera piuttosto varia e non esisteva un modello universalmente accettato da tutti, a riprova del fatto che la vita (e il sonno) era molto più diversificata di quanto siamo propensi a ritenere oggi.

Certo, nella nostra società si dorme meglio che in qualsiasi altra società finora esistita. Su questo pochi sarebbero oggi in disaccordo. Conoscere le condizioni di sonno dei nostri antenati contribuisce, però, a mettere in prospettiva quest’aspetto per noi scontato dell’esistenza e forse a consolarci se qualche nostra notte si rivela insonne.

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