Il bias della proporzionalità

Come inferiamo le cause degli eventi che accadono intorno a noi? Come stabiliamo che a una determinata conseguenza corrisponde una determinata causa e non altre? Quali sono i meccanismi di senso comune che ci portano a individuare in maniera sicura l’antecedente di eventi banali o gravi?

Una delle conclusioni più interessanti della recente ricerca in psicologia è che le persone tendono a considerare le conseguenze degli eventi al momento di inferire le cause di questi. In particolare, tendono a ritenere che debba esserci una qualche similarità o proporzionalità tra cause e conseguenze, per cui se le conseguenze sono grandi le cause “devono” essere altrettanto grandi e viceversa. Ciò anche quando le conseguenze non forniscono oggettivamente alcuna informazione sulle cause.

Ad esempio, come dimostrano nei loro esperimenti LeBoeuf e Norton (2012), se da un malfunzionamento del computer discendono conseguenze importanti (il licenziamento di una persona), le persone tendono a ritenere che la causa del malfunzionamento debba essere altrettanto importante (un virus potentissimo). Se, invece, le conseguenze sono di poco conto (una banale interruzione del lavoro per pochi minuti), le persone tendono a individuare cause altrettanto banali (un problema della ventola di raffreddamento del computer).

La ragione di questo atteggiamento, che può indurre distorsioni di ragionamento non trascurabili, è che le persone sono abituate a vedere il mondo come un luogo prevedibile e a interpretare gli accadimenti secondo schemi che rendono facilmente comprensibili i fatti che capitano loro.

Allo stesso modo, come provano gli esperimenti condotti da Leman e Cinnirella (2007), gli individui tendono più facilmente a sposare teorie cospiratorie se posti di fronte a uno scenario ipotetico in cui il presidente degli Stati Uniti muore in seguito a un attentato rispetto a uno scenario in cui sopravvive all’attentato.

È facile per noi verificare l’ubiquità di questo bias. Una svista arbitrale da cui discendono conseguenze di rilievo per una squadra viene immediatamente imputata a una volontà mefistofelica di danneggiare la stessa; se invece le conseguenze sono trascurabili, viene chiamata in causa la fallibilità umana degli arbitri. In economia, una grave crisi finanziaria sollecita interpretazioni causali altrettanto gravi, che spesso assumono toni complottistici.

In ambito sanitario, come è evidente da alcune interpretazioni circolate durante la recente pandemia di Covid-19, il verificarsi di una epidemia particolarmente letale induce le persone a privilegiare spiegazioni “intenzionali” (“Qualcuno deve avere pianificato a tavolino la diffusione del virus per ridurre la popolazione mondiale”) a spiegazioni casuali (il virus come prodotto accidentale di una situazione contingente). In politica, si ha difficoltà ad attribuire a fattori contestuali e sociali lo scoppio di una rivoluzione e si tende a pensare che debba essere stata voluta dai “poteri forti” per fini inconfessabili (come accadde all’indomani della Rivoluzione francese).

È evidente come questo bias, che talvolta appare irresistibile alla mente umana, possa generare interpretazioni completamente distorte degli eventi umani. In ultima analisi, esso è imputabile alla tendenza umana ad attribuire ineluttabilmente un senso che corrisponda a un criterio di equità al mondo circostante perché l’idea di un mondo caotico, preda del caso, è semplicemente insostenibile per noi. È molto più soddisfacente attribuire una causalità che percepiamo come equa che una che avvertiamo difforme rispetto ai nostri criteri di interpretazione del mondo. Molto meglio imporre un ordine cognitivo al mondo, per quanto “inventato”, che essere in balia del non ordinato.

Quanti errori, però, nel nome dell’ordine!

Riferimenti:

LeBoeuf, R. A., & Norton, M. I. (2012). Consequence-cause matching: Looking to the consequences of events to infer their causes. Journal of Consumer Research, 39(1), 128–141.

Leman, P. & Cinnirella, M. (2007). A major event has a major cause: Evidence for the role of heuristics in reasoning about conspiracy theories. Social Psychological Review. 9, 18-28.

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