Classifiche “vere” senza gli errori arbitrali?

Gli psicologi definiscono hindsight bias o “fallacia del senno di poi” l’illusione secondo cui, dopo l’accadimento di un evento, il suo verificarsi sembra essere più probabile di prima, se non addirittura inevitabile. Questo abbaglio mentale si spiega con il fatto che la memoria umana non si limita a immagazzinare le informazioni ricevute in una sorta di deposito dal quale sono recuperate secondo le necessità, ma ricostruisce dinamicamente gli eventi che si verificano in modo tale da adattare continuamente i ricordi alle nuove informazioni ottenute. Ne segue che gli stessi ricordi possono cambiare di significato e gli oggetti a cui questi si riferiscono apparire più certi di quanto non fossero in partenza.  

Tale illusione trova tipicamente espressione in frasi comuni come “Lo sapevo che sarebbe finita così” ed è particolarmente diffusa presso gli amanti del calcio che, retrospettivamente, dimostrano di conoscere in largo anticipo gli esiti degli incontri ai quali assistono.

La medesima fallacia sembra affliggere gli esperti delle cosiddette “classifiche senza errori arbitrali”, esercizio a metà strada tra il ludico e il simulato in cui si prova a immaginare come potrebbe essere la classifica del campionato di calcio al netto degli errori arbitrali a favore o sfavore delle squadre coinvolte.

Il primo assunto errato di questi esercizi – che sono presi molto sul serio dai tifosi, tanto da animare accese discussioni tra gli stessi – riguarda i criteri di selezione degli “errori arbitrali” che variano da esperto a esperto e si basano spesso su valutazioni estremamente soggettive e di parte. Così, un esperto giudicherà errore quello che per un altro non è da considerarsi tale, favorendo una interpretazione a scapito di un’altra.

Il secondo assunto errato è che, rimuovendo l’errore a favore o sfavore, gli incontri avrebbero avuto il medesimo decorso di quelli effettivamente disputati “meno” le conseguenze causate dall’errore. Ad esempio, se, nel corso di una partita, l’arbitro concede “ingiustamente” un goal viziato da un fallo non rilevato, si sottrae il gol allo score complessivo e si postula che, per il resto, l’incontro sarebbe stato giocato esattamente come quello effettivamente svoltosi. Non si tiene conto del fatto che, di fronte a un diverso risultato, una squadra possa avere un atteggiamento diverso nei confronti della partita o che semplicemente avrebbero potuto verificarsi altri episodi decisivi in grado di modificare il risultato. Si “congela” dunque l’andamento dell’incontro, limitandosi a sottrarre l’episodio incriminato.

In questo caso, la fallacia del senno di poi agisce nel senso che l’esperto “sa già” che il risultato finale dell’incontro “emendato” dagli errori arbitrali sarà il medesimo di quello effettivamente disputato “senza” le conseguenze dell’errore. Come sappiamo dalla vita, però, il verificarsi o il non verificarsi di un evento può cambiare radicalmente il corso successivo dell’esistenza in modi non prevedibili a priori.

Ogni evento che si verifica o non verifica comporta determinate conseguenze. Le classifiche senza errori arbitrali rappresentano, dunque, un passatempo che può avere una sua funzione ludica, ma che non dovrebbe essere preso troppo sul serio, come fanno in tanti rivendicando presunti trofei alla luce di “vere” classifiche.

Sulla fallacia del senno di poi nel calcio, rimando a questo post, pubblicato a inizio anno.

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