Barnum e la forza delle aspettative

In un post precedente, ho fatto notare la forza che le aspettative hanno sulle nostre esistenze, al punto da determinare l’innesco di vere e proprie profezie che si autoavverano. Ad esempio, aspettarsi un comportamento antipatico da parte di un individuo che non si è mai incontrato può generare una condotta simmetrica nei confronti di questi che può scatenare comportamenti sgradevoli, i quali finiscono con il confermare l’aspettativa di partenza (“Lo sapevo che era antipatico!”).

Un curioso effetto scaturente da una precisa aspettativa si trova nell’autobiografia di P. T. Barnum (1801-1891), uno dei protagonisti mondiali della storia del circo e dello spettacolo. Come è noto, Barnum legò il suo nome a Jenny Lind, celebre cantante, soprannominata l’“usignolo svedese”, che nel XIX secolo fece molto parlare di sé.

Barnum ricorda come un giorno, trovandosi in chiesa, un equivoco indusse nel pubblico la convinzione che nel coro vi fosse la celebre cantante e come questa aspettativa finì con il mutare il giudizio su una voce mediocre che non aveva niente a che fare con quella di Jenny Lind.

Eravamo a Baltimora per lo Shabbat, e mia figlia, nell’accompagnare in chiesa un’amica residente in città, prese posto con lei nel coro e si unì al canto. Alcuni membri della congregazione, che il giorno prima avevano visto Caroline in mia presenza, e creduto che si trattasse di Jenny Lind, erano tuttora vittime di quel malinteso, e ben presto in tutta la chiesa si iniziò a mormorare che Jenny Lind fosse nel coro! L’eccitazione salì alle stelle quando mia figlia si alzò in piedi, in quanto componente del gruppo musicale. Tutti aguzzarono le orecchie per catturare le prime note della sua voce, e quando si mise a cantare gli astanti si scambiarono sguardi di compiacimento. Caroline, all’oscuro dell’attenzione suscitata, continuò a cantare fino alla fine dell’inno. La congregazione in vigile ascolto non si perse una sola nota. «Che cantante squisita!», «Suoni paradisiaci! », «Non ho mai ascoltato niente del genere! » e altre espressioni simili venivano bisbigliate da una parte all’altra della chiesa.

Alla fine della funzione, mia figlia e la sua amica trovarono il corridoio per la carrozza sbarrato da una calca ansiosa di vedere più da vicino l’«Usignolo Svedese», e quel pomeriggio furono in molti a vantarsi, in buona fede, di aver ascoltato dal vivo la straordinaria voce della grande cantante. Il colmo dell’ironia è che mia figlia non ha mai dato prova di alcun talento vocale (P. T. Barnum, 2018, Battaglie e trionfi. Quarant’anni di ricordi, Sellerio Editore, Palermo, pp. 189-190).

La forza delle aspettative è tale da trasformare un canto mediocre in uno eccelso. Probabilmente, lo stesso meccanismo agisce ogni volta che crediamo di assistere alla esibizione di un grande artista: il “pregiudizio positivo” nei suoi riguardi ci porta a sopravvalutare le doti esibite, errore che non commetteremmo di fronte a un perfetto sconosciuto.

Per chi volesse saperne di più su questo argomento, rimando al mio Oracoli quotidiani. Cos’è e come funziona la profezia che si autoavvera.

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