Un caso di pareidolia in Denis Diderot

La monaca (La religieuse nell’originale francese) è un romanzo di Denis Diderot, pubblicato postumo nel 1796, ispirato alla vera storia di Marguerite Delamarre, costretta a prendere i voti nonostante la sua volontà contraria. Si tratta di un’opera anticlericale, presto collocata fra i libri proibiti, anche per i suoi contenuti erotici.

Il romanzo narra la storia di Susanna Simonin, obbligata dai genitori a prendere i voti e a essere rinchiusa nel convento di Longchamp, dove diventa oggetto di torture e sevizie di ogni genere a causa della sua volontà dichiarata di non accettare la propria condizione. Passata al convento di Arpajon, la sua strada si incrocia con quella della madre superiora che la assedia con palesi tentativi di seduzione, che la portano spesso a entrare in intimità con la protagonista, suscitando in lei desideri e sensazioni nuove, nemmeno comprese fino in fondo dalla giovane.

Invitata a confessarsi da padre Lemoine, questi, appreso del comportamento della superiora, invita Susanna a starle alla larga per non cadere vittima dei suoi artifizi seduttivi e dipinge la stessa come una sorta di demone tentatore.

Suggestionata dalle parole del confessore, l’immaginazione di Susanna prende a conferire alla superiora tratti luciferini fino a che, dopo la confessione, durante un incontro con la medesima, la giovane dichiara:

Mi fermai, volsi ancora il capo verso di lei, e m’avvidi d’essere stata atterrita da una strana apparenza creata dalla mia immaginazione; era tutta colpa della sua posizione rispetto alla lampada della chiesa, che le illuminava solo il viso e l’estremità delle mani, e lasciava il resto nell’ombra, mostrandola così sotto uno strano aspetto (Diderot, D., 1966, La monaca, Editori Associati, Roma, p. 227).

Si tratta di un caso evidente di pareidolia facciale, vale a dire di una illusione percettiva, alimentata da credenze, aspettative e convinzioni, oltre che da condizioni visive incerte, in forza della quale il viso di un individuo appare diverso da quello che è perché il soggetto proietta su di esso tratti e fattezze puramente illusori.

Ciò che accade a Susanna è qualcosa che può accadere a tutti noi. Suggestionati da una credenza, dalle parole riferite da qualcuno, da un timore o una speranza, specialmente se il luogo in cui il fenomeno accade è malamente o parzialmente illuminato, possiamo, senza esserne coscienti, attribuire a un volto caratteristiche diverse da quelle originali, ma mai casuali. Come Susanna vede Satana sul volto della superiora dopo essersi confessata con padre Lemoine, così noi possiamo vedere nella passante casuale le fattezze del volto della nostra amata che aspettiamo con impazienza. Oppure, terrorizzati dalla presenza di qualcuno, possiamo “vedere” il suo volto minaccioso tra la folla, anche se ciò non è vero.

Ciò che vediamo è, in ultima analisi, frutto dell’apparato cognitivo con cui “accogliamo “il volto che incrociamo. La paura ci induce a vedere un volto pauroso. La gioia un volto che ispira contentezza. E così via.

È così che hanno luogo i fenomeni pareidolici, sui quali, se volte saperne di più, rimando al mio Bizzarre illusioni. Lo strano mondo della pareidolia e i suoi segreti (Mimesis Edizioni, Milano, 2012).

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