Staccare la spina: una metafora

Ogni estate, puntualmente, la mia collega di ufficio mi annuncia: «È ora di staccare la spina!». Con questa frase vuol dire che è venuto il momento di andare in ferie, sospendere la routine lavorativa, immergersi per qualche settimana tra le onde del mare di una località turistica, dedicarsi a lunghe passeggiate in montagna o semplicemente trascorrere più tempo con la famiglia.

“Staccare la spina” è una metafora molto popolare da vari decenni. Usatissima, è entrata ormai nel parlare comune in maniera scontata. La usano tutti, spesso con compiacimento e ostentazione. In realtà, è una metafora non priva di problemi. Ci rimanda all’idea di un essere umano ridotto a macchina. Una macchina da cui basta, appunto, staccare la spina per disattivarne ogni funzione. Non è un caso che “staccare la spina”, come ci ricorda il vocabolario Treccani, significhi anche “interrompere l’alimentazione di una macchina (in particolare, smettere di mantenere in vita artificialmente malati terminali)”.

In realtà, quando va in ferie o fa qualcosa di diverso dal lavoro, la persona non “stacca la spina”. Al limite, per continuare con le metafore, la inserisce in una nuova presa di corrente o cambia spina. L’essere umano non cessa mai di funzionare, di “essere acceso”, di essere vivo (almeno finché non muore). Ed è interessante che si utilizzi una metafora che rimanda all’idea di morte (la macchina spenta e inattiva o l’interruzione della vita nei malati terminali) per etichettare un periodo della vita (tempo libero, ferie, amore, sentimenti, famiglia ecc.) che dovrebbe essere sereno, festante, gioioso. Insomma, vivo.

Anche se non ce ne accorgiamo, la metafora della spina staccata rimanda a una società in cui tutto ciò che conta è il lavoro, con le sue routine, i suoi ritmi, le sue imposizioni, mentre tutto il resto equivale al nulla, alla inattività, alla morte. Quando “stacchiamo la spina”, pensiamo a un’attività lieta e appagante, ma parliamo di un corpo esanime; un corpo da ostentare ed esaltare nella sua fase cadaverica («Finalmente, stacco la spina»; «Ho proprio bisogno di staccare la spina»). Auguriamo la nostra fine, ma ci sentiamo contenti di farlo. Vorremmo cambiare vita per qualche tempo, la barattiamo con la sua desolante assenza.

Di tutto questo non ci accorgiamo. Come di tante altre cose che diamo per scontate nella quotidianità. Ma vi confesso che, da quando ho fatto queste riflessioni, ho tante remore a utilizzare la frase “staccare la spina”, quando mi accingo ad andare in vacanza. È che non vorrei morire, ma solo godermi le ferie!

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