Si uccide più nel nome di dio che di satana

murdersNel gennaio 2004, in provincia di Varese, viene barbaramente uccisa la ventisettenne Mariangela Pezzotta. Gli assassini sono Andrea Volpe, suo ex fidanzato, ed Elisabetta Ballarin che sono subito tratti in arresto. Ben presto gli inquirenti collegano l’omicidio a quelli di Fabio Tollis e Chiara Marino, avvenuti nel 1998, e arrestano un gruppo piuttosto numeroso di persone, soprannominato “Bestie di Satana” – Pietro Guerrieri, Mario Maccione, Eros Monterosso, Paolo Leoni, Marco Zampollo, Nicola Sapone – tutte in seguito condannate per omicidio (con relativo occultamento del cadavere) e induzione al suicidio del giovane Andrea Bontade. Dalle indagini emerge che i componenti del gruppo sono tutti coinvolti, a vario titolo, in faccende di droga, ascoltano musica black metal, sono protagonisti di comportamenti devianti di vario tipo e sembrano avere una certa predilezione per tematiche sataniste con tanto di sfoggio di abiti neri, altarini con candele, teschi e simboli quali pentacoli, croci rovesciate, rappresentazioni del numero 666.

La vicenda suscita enorme scalpore anche all’estero. I mass media, ispirati da opinionisti, “esperti”, teologi, sacerdoti, gridano all’omicidio rituale satanico. Si susseguono dibattiti sulla devianza giovanile e sui legami tra questa, la droga, la musica metal e i culti satanici. La musica, in particolare, viene posta sotto accusa, come istigatrice diretta degli orrendi omicidi, mentre si lanciano inquietanti allarmi sulla diffusione dell’adorazione del maligno presso le giovani generazioni. Si richiamano a tal proposito altre vicende come quella di Suor Maria Laura Mainetti, uccisa da tre ragazze a Chiavenna nel giugno 2000, e quella della diciottenne Nadia Roccia, uccisa da due sue amiche nel 1998; due omicidi, si dice, che condividono la medesima matrice satanica.

Periodicamente le cronache ci propongono casi di omicidi raccapriccianti come quello delle Bestie di Satana, omicidi che colpiscono l’opinione pubblica per le modalità di esecuzione dei delitti e per i legami, spesso amplificati, con (presunte) pratiche sataniche. In tutti i casi, le reazioni sono pressoché unanimi. Giornalisti ed “esperti” suggeriscono che gli omicidi satanici sono in drammatico aumento in tutto il mondo. Sono diffusi dati allarmanti sull’esistenza di sette dedite all’adorazione di Satana. Sembra che gli aderenti a queste siano migliaia. Si parla con preoccupazione di complotti satanici con reti transnazionali attive soprattutto in alcune città, tra cui Torino, che si reputa ospiti circa 40.000 satanisti. Tutta una serie di reati, prima quasi inosservati, sono visti sotto una nuova luce: atti di vandalismo, incendi, omicidi irrisolti, uccisioni di animali, furti, profanazioni di tombe e altri reati minori sono attribuiti a misteriosi satanisti. Le sette di Satana sono stimate “sempre più numerose” e teologi cristiani ricordano a tutto il mondo come il maligno sia sempre vigile e pronto a irretire gli umani. Sono predisposti rapporti preoccupati e si diffonde un panico generale che fa ritenere che questo tipo di crimini siano molto più frequenti di quello che siano. Ma è davvero così? È vero che gli omicidi satanici sono in drammatico aumento?

Cominciamo dalle definizioni. Spesso il termine “satanismo” è usato impropriamente come termine ombrello per riferirsi a fenomeni che non si capiscono o che rientrano in categorie diverse come spiritismo, occultismo, nuovi movimenti religiosi. Una definizione accreditata è fornita da Massimo Introvigne, uno dei maggiori esperti di queste tematiche in Italia, secondo il quale per satanismo deve intendersi: «l’adorazione o la venerazione, da parte di gruppi organizzati in forma di movimento, tramite pratiche ripetute di tipo cultuale o liturgico, del personaggio chiamato Satana o Diavolo nella Bibbia, sia questo inteso come una persona ovvero come un mero simbolo». Per l’agente speciale dell’FBI Kenneth Lanning, invece, autore di diversi testi sui crimini satanici, si può parlare di omicidio rituale quando siamo in presenza di un atto «commesso da due o più individui che pianificano razionalmente il crimine e la cui motivazione principale è di compiere un rituale satanico prescritto che prevede un omicidio». Ebbene, a dispetto dell’allarme  suscitato in tutto il mondo da questo tipo di delitti, si affretta ad aggiungere Lanning, seguendo questa definizione, non è possibile trovare nemmeno un omicidio negli Stati Uniti che possa definirsi satanico. A tal punto che il comitato incaricato di redigere il Crime Classification Manual (il manuale dell’FBI che classifica i crimini violenti) non era convinto «che l’omicidio occulto e satanico esistesse veramente al di là dello scalpore causato dai media sull’argomento» ed esitò prima di includerlo nel manuale.

Secondo Introvigne, con riferimento al periodo 1975-1995, nel mondo non vi sono stati più di una quindicina di omicidi satanici, quasi tutti attribuibili a bande giovanili dedite al consumo di alcol e droghe. In Italia, se si escludono casi sospetti, le autorità di polizia informano che non vi sono mai stati casi di omicidio rituale satanico vero e proprio, né di abusi rituali satanici in cui siano stati uccisi bambini a scopi sacrificali. Gli stessi numeri forniti da giornalisti ed esperti sono da ridimensionare. Come afferma ancora Introvigne: «Nel mondo gli adepti dei gruppi organizzati del satanismo degli adulti non sono più di cinquemila, e questa cifra probabilmente è già esagerata per eccesso e comprende molte persone che sono in contatto con movimenti satanisti solo via Internet. In Italia la cifra è inferiore alle duecento persone». Altri dati sono addirittura la conseguenza persistente di una burla. Ad esempio, i 40.000 adepti di Satana residenti a Torino scaturiscono da uno scherzo goliardico fatto nel periodo 1968-1972 da due giornalisti, Vittorio Messori e Gianluigi Marianini, al quotidiano Stampa Sera e sopravvissuto nel tempo come “dato vero”.

Perché allora  certi omicidi sono etichettati dalla stampa e anche da alcuni esperti come satanici? Le ragioni sono varie. A volte il ritrovamento sulla scena del crimine di candele, bibbie, animali mutilati o sassi posti in un certo ordine può facilmente essere associato a un rituale e da qui a parlare di omicidio rituale satanico il passo può essere molto breve. La presenza di questi oggetti può invece essere spiegata in altro modo. Ad esempio, la presenza di cera sciolta può rimandare a una sessione consensuale di sesso sadomasochistico, così come la mutilazione di animali può essere dovuta ad altri animali. Una bibbia poi è un oggetto abbastanza comune, in alcune comunità presente in ogni casa rispettabile. Il ritrovamento di residui rituali (candele rosse o nere, pupazzi, calici) potrebbe anche essere associato ad altre forme di magia o di religiosità.

A volte lo stesso assassino ammette di aver compiuto l’omicidio perché spinto da Satana o perché “ha sentito delle voci” (ammissione che spesso nasconde patologie mentali vere o presunte) oppure gli investigatori lo sentono parlare di Satana e di altri motivi pseudo-satanici e attribuiscono a queste parole (magari udite casualmente) significati sproporzionati. È questo, ad esempio, il caso dell’omicidio di Nadia Roccia in cui gli investigatori parlarono di omicidio satanico a seguito dell’intercettazione di una frase di una delle tre ragazze condannate che diceva: «Lucifero è bello» e «Sta nelle mutandine».

L’omicidio può essersi verificato in una data significativa da un punto di vista religioso: è nota ad esempio l’esistenza di un “calendario satanico” piuttosto articolato che copre buona parte dell’anno. Se si tiene conto di tutte le sue articolazioni, però, è quasi sempre possibile reperire una data “satanica” che faccia al caso.

Gli assassini, specie se giovani, possono aver tatuati sulla pelle simboli satanici o numeri evocativi (come il celeberrimo “666”) che, a ben vedere, sono solo vaghi simboli di trasgressione (come un pugnale, una fiamma o un’espressione cruenta). Oppure, possono ascoltare una determinata musica, indossare indumenti particolari e possedere oggetti macabri come nel caso delle Bestie di Satana. I sociologi in questo caso parlano correttamente di pseudo-satanismo, d’imitazione di modelli diffusi nella stampa, nei fumetti, nel cinema, nella musica assunti a simboli di trasgressione come la droga. Il satanismo nei giovani diviene allora veicolo espressivo di disagi, insoddisfazioni, senso di vuoto piuttosto che di adesione a culti ritualmente codificati.

Ancora, la brutalità di un omicidio può facilmente quanto impropriamente richiamare etichette “sataniche” in giornalisti o scrittori; etichette che finiscono con l’imporsi al di là della metafora e divenire la descrizione tour court dell’avvenimento.

Infine, l’etichetta “satanica” può risultare comoda a un certo giornalismo sensazionalistico perché appetitosa a una fetta di pubblico e dunque perché “vende” bene.  Non è da sottovalutare poi il ruolo di gruppi religiosi che vedono in questo tipo di omicidi l’occasione di affermare con maggiore forza le proprie credenze e diffondere motivi moralistici o apocalittici.

Incidentalmente, dobbiamo poi ricordare, come fanno il già menzionato Kenneth Lanning e il criminologo italiano Angelo Zappalà, che, mentre non esistono o sono rare le evidenze empiriche di omicidi satanici, meno infrequente è il fenomeno di persone che commettono un reato violento in nome di Dio, Gesù o Maometto, anche se non è stata mai coniata l’etichetta “omicidio rituale religioso” (o “cristiano”, “islamico” ecc.). È il caso, ad esempio, dell’omicidio di Pietro Latella nel 1988 compiuto nell’ambito del cosiddetto Gruppo del Rosario, gruppo di preghiera nato a Torino intorno ai primi anni Settanta. Latella fu ucciso perché identificato con il male e ritenuto ostacolo alla resurrezione di uno dei membri del gruppo, morto nel 1983. Ma è il caso anche dei numerosi omicidi compiuti da fanatici religiosi nel nome di Allah (terrorismo religioso) o delle morti, non rare, avvenute nell’ambito di rituali esorcistici (basti ricordare il caso di Anneliese Michel, ragazza tedesca morta a seguito di un intenso e reiterato esorcismo, per il quale i sacerdoti coinvolti e i genitori furono condannati).

La storia ci offre testimonianza di numerosi casi di omicidio in nome di Dio. I due seguenti, tratti da Pasque di Sangue di Ariel Toaff, sono notevolmente eloquenti:

Si era alla fine del Trecento o nei primi anni del Quattrocento quando una donna di Esztergom, nell’Ungheria settentrionale, scriveva all’autorevole rabbino Shalom da Wiener Neustadt per sottoporgli un urgente e patetico quesito. Quando tempo addietro si trovava nel suo paese, in un giorno di Sabato i cristiani del luogo avevano assalito gli ebrei, minacciando di condurre con la forza i loro infanti al fonte battesimale. Presa dalla disperazione, la povera donna, per impedire la conversione dei suoi figli, aveva impugnato un coltello e li aveva scannati pietosamente. Poi era fuggita, trovando rifugio in Polonia. Ma ora era presa dai rimorsi e si rivolgeva al dotto rabbino per sapere come avrebbe potuto espiare la colpa e guadagnarsi il perdono di Dio. Shalom da Wiener Neustadt non aveva esitazioni di sorta e rassicurava prontamente la donna: in quel triste frangente la madre ebrea aveva agito per il meglio e in maniera appropriata, e quindi non meritava censure né punizioni di alcun genere.

Anni prima, nell’aprile del 1265, quando i cristiani avevano dato l’assalto alla contrada dei giudei a Coblenza, nella bassa Renania, un ebreo, temendo che la sua famiglia fosse battezzata a forza, aveva deciso di uccidere la moglie e i suoi quattro figli, dando loro la morte con il coltello. Poi si era rivolto al rabbino Meir da Rothenburg, una delle massime autorità dell’ebraismo ashkenazita, chiedendo se per quelle sue azioni cruente dovesse fare penitenza.

Il suicidio per la santificazione del nome di Dio è certamente permesso – replicava il rabbino – mentre per quanto concerne l’uccidere altre persone per lo stesso motivo occorre ricercare e trovare l’evidenza  dei testi. Comunque azioni di questo tipo da tempo sono considerate accettabili e perfino permesse. Noi stessi abbiamo saputo e verificato che molti ebrei illustri (in condizioni simili) hanno scannato i propri figli e le proprie figlie» (Toaff, A., 2007, Pasque di sangue.  Ebrei d’Europa e omicidi rituali, Il Mulino, Bologna, pp. 197-198).

Stando ai dati più attendibili, quello degli omicidi rituali satanici è un fenomeno enormemente amplificato rispetto alla realtà. A esso contribuiscono ondate cicliche di panico morale, numeri gonfiati, timori religiosi, false piste investigative. Ciò non significa che non sia possibile uccidere un essere umano a seguito di precise credenze religiose o di altro tipo. La storia umana è piena di casi del genere, ma sicuramente, prima di parlare di omicidi satanici, è necessario appurare bene i fatti senza lasciarsi prendere dal panico.

Questa voce è stata pubblicata in criminologia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.