Quando l’albero di Natale era estraneo alla nostra cultura

L’argomento – sostenuto monotonamente da sacerdoti e autorità religiose in questo periodo dell’anno – secondo cui Halloween non andrebbe festeggiato perché “non fa parte delle nostre tradizioni” o sarebbe addirittura una festa satanica, si scontra con alcune considerazioni legittime.

Come dicevo in un post di qualche anno fa, sebbene Halloween abbia origini “pagane” (non tutti, comunque, sono d’accordo), su di essa si sono innestati motivi cristiani, come quello della festa di Ognissanti, e più tardi commerciali, che rendono estremamente sincretistica questa festa. Il sincretismo, del resto, è proprio di tante altre feste, oggi definite cristiane tout court, delle quali si sono rimosse o dimenticate le origine pagane, a partire proprio dal Natale, che nessuno oggi accuserebbe di scarso tradizionalismo (anche per quest’ultima festività rimando a un mio post precedente).

Eppure, c’è stato un tempo in cui anche oggetti oggi considerati “innocui”, come l’albero di Natale, erano accusati di “non far parte delle nostre tradizioni”. Leggiamo questo breve brano tratto da La fabbrica del consenso di Philip Cannistraro, deedicato alla propaganda fascista. Durante il fascismo, il regime si propose di

scoraggiare numerosi simboli e usanze che riflettevano, a suo giudizio, modi di comportamento antiquati propri della società borghese. I fascisti cominciarono con l’attaccare varie celebrazioni e feste, anche radicatissime nel costume popolare, e particolarmente le festività politiche. All’inizio degli anni Trenta la campagna era ormai passata nelle mani dell’Ufficio stampa, che promosse l’abolizione della tradizionale celebrazione del Capodanno, con relativo cenone. Qualche tempo dopo il pubblico fu ammonito a non far uso degli alberi di Natale, giacché si trattava di un’usanza importata dall’estero, non radicata nella tradizione nazionale. Il regime auspicava la sostituzione di queste pratiche antiquate con rituali e simbolismi fascisti. II giorno anniversario della marcia su Roma divenne così il Capodanno fascista, celebrato con parate e adunate di massa a Roma e nelle province. La Giornata della Fede — il 28 ottobre   — era solennizzata da una mistica cerimonia dinanzi ad un antico altare, collocato presso la tomba del Milite Ignoto. In sostituzione delle tradizionali celebrazioni del 1° maggio, i fascisti proclamarono festa nazionale il 21 aprile (il «Natale di Roma»). Festività religiose tradizionali furono collegate al fascismo facendo di illustri santi italiani degli eroi nazionali, mentre nel 1934 il Pnf trasformava l’Epifania nella Befana fascista, in occasione della quale giocattoli e doni venivano distribuiti ai figli dei lavoratori (Cannistraro, P. V., 2022, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Edizioni Res Gestae, Milano, pp. 85-86).

L’accusa fatta ad Halloween di “non far parte delle nostre tradizioni” tradisce un malinteso di cui siamo poco consapevoli. Tutte le tradizioni nascono e si sviluppano nel corso della storia. Sono introdotte come novità per poi modificarsi o adattarsi nel tempo fino a cristallizzarsi in una forma che a noi pare eterna. Ma l’eternità è solo apparente. L’unica differenza tra Natale e Halloween è che il primo è divenuto tradizione da tempo, mentre il secondo è stato introdotto solo in tempi relativamente recenti.

Il tempo guarirà la miopia di sacerdoti e autorità religiose e verrà un giorno in cui nessuno metterà in dubbio che Halloween “fa parte delle nostre tradizioni”.

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