No, Sylvia Browne non ha predetto il coronavirus

Di Sylvia Browne, la sedicente sensitiva americana, autrice di una profezia sul coronavirus apparentemente straordinaria, si è detto molto, se non tutto. Rimando a questi tre link (qui, qui e qui) chi volesse dare una occhiata ad alcune disamine ben condotte sulla sua figura e sulla profezia in questione.

In questo post, vorrei proporre un’analisi critica fondata sulla lettura integrale della traduzione italiana di  Prophecy (2004) il testo da cui la Mondadori ha tratto Profezie. Che cosa ci riserva il futuro, che ho letto nella ristampa 2020; ristampa quanto mai tempestiva: senza l’affaire della profezia, è probabile che il testo sarebbe stato condannato a un meritevole oblio (si badi, però, che, secondo quanto riferisce Pagella Politica, nella traduzione della Mondadori confluirebbero testi presenti in due scritti della Browne: Prophecy. What the future holds for you [2004] e Prophecies About the End of the World  [2008]).

Uno dei modi per esaminare criticamente la figura e l’operato della sedicente sensitiva americana è  confrontare il contenuto della “profezia strabiliante” sul coronavirus con quanto riportato nel co-testo dell’intero Profezie, che fornisce un termine utilissimo di raffronto per giudicare in maniera corretta il personaggio Sylvia Browne, i suoi metodi di previsione, le costanti della sua condotta profetizzante, le profezie nel loro complesso. In questo modo, eviteremo di pronunciare conclusioni affrettate basate su un unico elemento predittivo e sulle interpretazioni che noi che stiamo vivendo la vicenda Covid-19 possiamo facilmente proiettare su di esso. Prima di iniziare, però, è opportuno fornire alcune informazioni di sfondo.

Sylvia Browne (1936-2013) era una sensitiva molto conosciuta negli Stati Uniti, sia per le numerose profezie da lei pronunciate nell’arco di una vita intera, sia per le frequenti apparizioni televisive a fianco di personaggi celebri quali Larry King, sia perché autrice di quasi 60 libri, alcuni dei quali bestseller internazionali. A ciò va aggiunto il fatto che fondò una propria chiesa, la Society of Novus Spiritus, in California, e che fu condannata per frode finanziaria e appropriazione indebita. L’expertise di Sylvia Browne sembra che fossero le persone scomparse. La Browne affermava di essere una psychic sleuth, una sorta di investigatrice che adopera poteri paranormali per risolvere i casi, e vantava –anzi, millantava – una percentuale di successo vicina all’85%. Curiosamente, predisse che sarebbe vissuta fino all’età di 88 anni, ma fu smentita dalla realtà: morì infatti a 77 anni.

Veniamo al libro. In Profezie, la Browne sostiene di avere facoltà sensitive fin dalla nascita e di aver acquisito questa abilità direttamente da Dio al cui servizio si è sempre dedicata (sebbene quale Dio è difficile capirlo dal momento che afferma di essere cresciuta in una famiglia cattolica-luterana-presbiteriana-episcopal-ebraica). Le sue profezie, dunque, risalgono al Creatore, anche se «quando noi, fallibili esseri umani, ci accingiamo a tradurle e a comunicarle, a volte capita che ci sbagliamo» (p. 11). Si noti che la “tattica dell’umile servitore” è spesso adoperata dai presunti sensitivi per conferire validità alle proprie parole (“vengono da Dio”) e mettere al tempo stesso le mani avanti (“gli umani possono sbagliare”). In questo modo, ci si (auto)attribuisce l’onore di ricevere una investitura direttamente dalla divinità, ma si erige un potente scudo contro eventuali insuccessi richiamando la fallibilità umana.

Secondo la sensitiva americana, le sue abilità predittive richiamano e si inseriscono in una lunga tradizione di profezie che va dai nativi americani agli aborigeni australiani, dagli Inca al Cristianesimo, dall’Ebraismo all’Islam, dal Buddhismo all’Induismo. Anche questo è un modo per accreditarsi agli occhi del pubblico: tracciare genealogie divine e insinuarsi in esse per spacciarsi come discendente di questo o quel profeta. La Browne non richiama solo i profeti manifestamente religiosi, ma anche alcuni profeti “secolari”: Nostradamus (capace di “curare l’incurabile”), Arthur Conan Doyle, Helena Blavatsky, Edgar Cayce (il “profeta dormiente”), tracciando una nuova genealogia teologica nella quale idealmente si inserisce. Browne offre anche qualche saggia parola sui falsi profeti, riconoscibili, fra l’altro, per il fatto che «a loro non interessa tanto che voi adoriate Dio quanto che adoriate loro» (p. 80) e per il fatto che «le loro profezie tenderanno a essere così vaghe che si potranno applicare quasi a ogni cosa, oppure affermeranno che, se sembrano imprecise, la colpa è di chi le interpreta» (p. 81). Un profilo che, come vedremo, può facilmente applicarsi alle stesse profezie della sensitiva americana. Curiosamente, la Browne richiama una profezia dei nativi americani che vale la pena proporre:

Gli animali e le piante si confonderanno. Ci saranno grandi epidemie che voi non capirete. Molte di queste epidemie saranno provocate dai vostri scienziati a cui la situazione sfuggirà di mano. I vostri scienziati hanno lasciato scappare questi mostri sulla Terra. Queste epidemie si diffonderanno nelle vostre acque e nel vostro sangue e nel nostro cibo, perché voi avete spezzato la catena naturale attraverso la quale vostra Madre purifica se stessa (p. 16).

Vi ricorda qualcosa? Evidentemente profetizzare di pesti ed epidemie non è qualcosa di esattamente originale. Del resto, di profezie di carestie e pestilenze la Bibbia è abbastanza generosa.

Proseguendo, la Browne, che afferma, fra l’altro, di essere una ipnoterapista autorizzata, capace di condurre migliaia di persone a rivivere le loro vite passate (p. 87), sembra avere un’idea chiara di che cosa sia l’aldilà che, per lei, non si trova altrove, ma tra noi, «ad appena un metro dal suolo» (p. 88), come testimoniato dal suo Spirito Guida Francine (sì, Browne ha anche uno Spirito Guida, come tutti noi del resto). L’aldilà è una dimensione popolata da bellissimi edifici: il Palazzo della Saggezza (che ospita la Macchina a Scansione grazie alla quale possiamo vedere scorrere avanti a noi tutti gli eventi della nostra vita), il Palazzo della Giustizia (con i suoi giardini meravigliosi), le Torri (che servono per i nuovi arrivati che hanno bisogno di “un aiuto in più”), il Palazzo degli Archivi, memoria di tutte le vite che abbiamo vissuto (Browne naturalmente crede nella reincarnazione, anche se si dice cristiana, così come negli extraterrestri, i “viaggiatori mistici”, come li definisce, che, tenetevi forte!, sono già tra noi!). Il sistema di credenze della Browne assomiglia a un bagaglio raccogliticcio di idee prelevate da questo o quel credo, non senza immagini provenienti da racconti di fanta-religione o film di fantascienza senza particolari meriti, assemblate alla bell’e meglio. Questo confuso pot-pourri di nozioni è talmente poco convincente che ci si domanda a ragione come faccia una persona a parlarne in libri e in televisione senza arrossire per la sfacciataggine.

Ma veniamo alle profezie. Qualsiasi cosa si pensi di Sylvia Browne, una cosa è certa: la signora ha tanta, tantissima fiducia nelle proprie capacità. Lo dimostrano le seguenti affermazioni perentorie: «Di sicuro non sono un’esperta di scienze, non sono affatto una scienziata, non lo sono mai stata e mai lo sarò, ma non sono neanche una pazzoide e quando ho ragione, ho ragione» (p. 112); «Ma che non vi sfiori mai il cervello l’idea che io abbia il benché minimo dubbio su ciò che dico, perché questo non accadrà mai. Se non sono sicura di qualcosa, lo dico chiaro e tondo. Se dichiaro che qualcosa è assolutamente certo, lo faccio perché ci credo totalmente» (p. 130). Questa sicumera la porta impudicamente a riferire che le sue percentuali di previsioni corrette si aggirano intorno all’87-90 per cento. Solo Dio sa fare meglio di lei ed è interessante che la sensitiva non abbia alcuno ritegno nel paragonarsi direttamente al creatore del mondo, di cui peraltro dovrebbe essere l’umile strumento (e come può uno strumento paragonarsi a colui che lo ha creato?).

Proseguiamo. Il profetizzare della Browne non è qualcosa di improvvido ed estemporaneo. Non vi attendete rivelazioni improvvise, condite da emicranie ottundenti o inquietanti mutamenti delle iridi. Il suo metodo ricorda il cauto procedere di un futurologo che, a partire da indizi evidenti nel presente, deduce trend a venire, basati sull’amplificazione di questo o quell’aspetto. Le sue profezie somigliano, quindi, più a congetture di senso comune che a straordinarie rivelazioni incoraggiate da stati di trance. La descrizione degli stati presenti è condotta spesso con riferimento a ricerche scientifiche apprese attraverso il filtro distorcente di riviste di moda con la copertina iperpatinata servite in qualche negozio di parrucchiera ed è condita da allusioni grossolane a eventi della propria vita privata o a interessi personali, fatti passare per eventi e interessi universali. Facciamo un esempio. Riguardo alle questioni ecologiche, Browne afferma:

Non avete bisogno di una sensitiva per scoprire i nostri problemi di inquinamento planetario. Non avete bisogno che vi ricordi che fumo, gas di scarico, aerosol, massicce emissioni di combustibile dei razzi e moltissimi altri gas e  agenti inquinanti creati dall’uomo hanno provocato un buco nello strato di ozono che sembra una gigantesca smagliatura in una calza di nylon. Lo strato di ozono è una sorta di cappa che protegge la Terra e senza di essa, tra le altre cose, andiamo incontro a un progressivo surriscaldamento che causa lo scioglimento dei ghiacciai e un’esposizione  molto più diretta ai raggi UV dei sole. Ancora niente di nuovo, ne sono certa.

Quindi, forse non sorprenderà il fatto che nei prossimi cinque anni, fino a circa il 2010, vedremo un incremento allarmante del cancro della pelle, soprattutto nei bambini. Con lo strato di ozono in queste condizioni c’è da aspettarselo. D’altro canto, però, con tutta l’informazione dei media sugli effetti nocivi dei raggi UV e così tanti prodotti disponibili per schermarci, potreste pensare che siamo troppo intelligenti e ben informati per essere così imprudenti. Bravi, è proprio così. La buona notizia è che, se ciascuno di noi sta attento e prende le opportune precauzioni, questa è una previsione che potrete smentire. E io sarò la prima ad applaudirvi, se lo farete (p. 113).

Stupefacente! La ricetta della Browne per una buona profezia è: prendete un fenomeno già evidente nel presente, possibilmente che causi preoccupazione o allarme sociale, leggete qualche pagina sull’argomento, possibilmente da un Bignami o da un giornale scandalistico, esprimete su di esso alcune considerazioni di senso comune, infarcendole di storie di vita (per lo più della “propria”), proiettatele su un tempo non tanto distante (in questo caso il 2010, ma la Browne parla nel 2004) e sviluppatelo nella forma “Se continuiamo così…” per poi smorzare in parte i toni, disseminando facili speranze (“Possiamo evitare tutto ciò, se ci comportiamo correttamente. La buona notizia è…”). Il tutto ostentando molta sicurezza, al limite della sfrontatezza.

Talvolta la Browne azzarda dettagli apparentemente precisi dal sapore più tradizionalmente profetico. In questi casi, le sue affermazioni diventano più interessanti. A proposito dell’inquinamento, ad esempio, afferma:

L’amministratore delegato [di una multinazionale] avrà una bambina con una grave forma di asma cronica e i suoi investimenti miliardari nell’industria automobilistica che progetta sistemi a propulsione ibrida e la salvaguardia delle foreste pluviali saranno solo una parte dei suoi comprensibili sforzi per farla stare bene. Poi ci sarà un uomo tenace e concreto e nutrirà una fede assoluta nel karma. Non lo chiamerà  necessariamente karma […] La sua ricerca del “credito karmico” si tradurrà nella sua generosità filantropica: investirà ingenti capitali nel piano per salvare le foreste pluviali (pp. 115-116).

Queste profezie sono abbastanza vaghe da poter farvi rientrare decine di casi concreti (“Non lo chiamerà necessariamente karma”). Un trucco vecchio come il cucco e che contraddice quello che la stessa Browne dice dei falsi profeti. Procedendo in questo modo, la Browne predice piogge acide alla fine degli anni Venti del Duemila, per le quali dovremo indossare caschi e indumenti protettivi (p. 117), maremoti (ma la percentuale dei sopravvissuti sarà notevole, per fortuna!) (p. 123), invasioni di insetti e fiumi rosso sangue (ma non preoccupatevi non sarà la fine del mondo!) (p. 124).

Una caratteristica delle profezie di Browne è che sono spesso localizzate in tempi abbastanza precisi e medio-brevi. Se alcune si avventurano fino al 2100 (data oltre la quale la Browne dichiara di non riuscire a vedere, aggiungendo con un sinistro inciso: «Ciò significa che abbiamo solo altri cent’anni di vita su questa Terra? Solo Dio lo sa» [p. 267]), altre arrivano ad anni molto prossimi a noi. Ciò consente di valutarne la correttezza, almeno per quanto è riferito al periodo che va dal 2004, anno di pubblicazione del libro in inglese, al 2020, anno in cui scrivo queste considerazioni.

È opportuno dirlo subito. La stragrande maggioranza delle sue profezie verificabili sono vere e proprie cantonate. Le rimanenti sono talmente vaghe da poter essere adattate a varie situazioni. Altre ancora sono mere considerazioni di buon senso che ognuno di noi può sviluppare senza avere alcun dono medianico, tanto è vero che non di rado Sylvia Browne premette alle sue predizioni frasi come “Non sorprenderà nessuno apprendere che…”.

L’elenco di profezie errate è davvero impressionante. Così come è impressionante il fatto che, a dispetto di tanti fallimenti, ci sia ancora qualcuno disposto a darle credito. Ma procediamo con ordine. Browne afferma che «un presidente eletto poco dopo il 2008 morirà all’improvviso per un attacco cardiaco» (p. 143). Ricordiamo che Barack Obama, in carico dal 2009 (“poco dopo il 2008”) al 2017, è ancora vivo e vegeto. Poco dopo afferma che «entro il 2020 circa, sarà abolita la carica del presidente degli Stati Uniti e con ciò avrà fine il costoso e apparentemente incessante ciclo di campagne ed elezioni presidenziali» (p. 145). Non mi risulta che ciò sia avvenuto o stia per avvenire. Ci sono poi le profezie secondo cui «nel 2020 il baratto ritornerà sorprendentemente in voga in tutti gli Stati Uniti» (p. 151), mentre, nello stesso periodo, saranno aboliti «i piani di pensionamento e il mercato azionario» (p. 151). Sempre secondo la sensitiva americana, «dopo la morte di Giovanni Paolo II, sarà eletto solo un altro papa. Poi al suo posto verrà scelto un triumvirato di papi, o un collegio di cardinali, che si suddividerà i vari compiti» (p. 155). Ancora: «entro il 2020 la trasformazione delle scuole medie e superiori ci permetterà di risparmiare una fortuna e di rendere perciò disponibili per gli alunni delle elementari moltissimi edifici scolastici» e inoltre «nel 2020 l’insegnamento telematico sostituirà quello in aula» (p. 169). A scanso di equivoci, Browne non fa qui riferimento alla didattica a distanza adottata in regime di coronavirus, ma a un cambiamento epocale e strutturale permanente.

Veniamo alle sue profezie nel campo della salute. Più o meno nel 2008, la Browne profetizza l’introduzione di una macchina per lo “scanner dell’aura” (p. 204) da utilizzare a scopi medici, nonché l’arrivo di nuovi metodi per la cura del cancro e delle malattie autoimmuni (pp. 207-209). Entro il 2020, cecità e sordità saranno definitivamente debellati (pp. 210-211), così come il comune raffreddore nel 2009-2010 (p. 211). Non è finita qui, perché «entro il 2014 circa, pillole, capsule e sciroppi saranno rimpiazzati da camere vaporizzate e ossigenate, facilmente accessibili, che satureranno ogni poro del corpo con i farmaci prescritti» (p. 216), mentre «l’artrite diverrà un disturbo lieve al più tardi entro l’inizio del 2007, grazie a un altro farmaco che allevierà il dolore e rigenererà i nervi e i muscoli malati. Non conosco il nome del medicinale né della pianta da cui sarà estratto il principio attivo, ciò che so per certo è che la pianta cresce nella foresta pluviale amazzonica» (p. 217). Nel campo dei disturbi psichici, la sensitiva americana è convinta che «nel 2014 al più tardi, un microchip verrà inventato e impiantato nel cervello degli schizofrenici e di quanti soffrono di colpi apoplettici e del disturbo bipolare in forma grave» (p. 248).

Ciò che stupisce è che la Browne fornisce queste profezie come fossero fatti certi, sviluppando le sue argomentazioni a partire da eventi che si sono verificati nella sua vita o hanno toccato persone a lei vicine. Un po’ come farebbe ognuno di noi mentre parla con l’amico della malattia della moglie o del cugino. La differenza tra lei e noi è che, a un certo punto, la Browne inserisce nel discorso una qualche profezia e lo fa con una naturalezza e una disinvoltura raccapriccianti, soprattutto perché sembra convinta di ciò che per altri sarebbe pura illusione o follia. Un esempio al riguardo è costituito da un episodio accaduto nella sua vita. La sensitiva ricorda le sofferenze del padre ottantaseienne in ospedale per un cancro letale; sofferenze attenuate solo dalla morfina. Nelle ultime ore di vita del genitore, la Browne ricorda di aver chiesto al medico di aumentare la dose di morfina. «A mio padre venne somministrata dell’altra morfina e dopo quello che mi sembrò un tempo atrocemente lungo i muscoli del suo fragile corpo si rilassarono e una pace senza dolore si diffuse sul suo viso. Morì poche ore dopo» (p. 224). A questo punto irrompe la profezia: «Ecco perché sono così felice del fatto che intorno al 2012 verrà creato un potente farmaco, riservato esclusivamente ai pazienti terminali. Sarà somministrato sotto forma di un’iniezione a lento rilascio e permetterà loro di non provare più dolore, pur restando mentalmente lucidi, a differenza di quanto accade con gli attuali farmaci antidolorifici» (p. 224). La soluzione all’episodio doloroso personale viene così proiettata in forma profetica nell’immediato futuro in modo da offrire un motivo di consolazione al lettore, il quale può trarre un sospiro di sollievo ed esclamare: «Per fortuna tutto ciò non succederà più!». È questo probabilmente uno dei motivi del successo della Browne così come di tanti medium e sensitivi: offrire rassicurazione al dolore. Del resto, non è quello che cerchiamo tutti?

Molte previsioni sembrano più degli auspici, dei desiderata personali che delle profezie: quello che in psicologia si chiama wishful thinking e che, nel caso della Browne, potremmo definire wishful prophecy. Ad esempio, forte delle sue convinzioni politiche, la ipnoterapista americana afferma che, “prima o poi”, il Senato americano voterà l’imposta fissa, la castrazione chimica dei pedofili, un sistema pubblico di sanità e un maggior controllo dell’emittenza radiotelevisiva (pp. 148-150). Tutte profezie che, guarda caso, riflettono la sua visione del mondo in politica. Sylvia Browne spaccia spesso le proprie speranze e aspettative per profezie. L’esempio, a mio avviso, più clamoroso è quando predice che «intorno al 2010, le forze dell’ordine si avvaleranno apertamente dell’aiuto dei sensitivi» (p. 188). Come detto, Sylvia Browne era nota negli Stati Uniti come sensitiva in grado di aiutare le indagini della polizia su crimini e persone scomparse. Un coinvolgimento spesso controverso e chiacchierato, ma rivelatosi del tutto fallimentare, a dispetto delle sue autodichiarazioni. È evidente allora che questa profezia esprime il pio desiderio personale che le sue “doti” vengano riconosciute un giorno. E il desiderio è travestito da profezia. Del resto, una profezia sbagliata. Come sbagliate sono, in tema di criminalità, le rivelazioni che «entro il 2010 circa negli Stati Uniti sarà obbligatorio prelevare a ogni neonato un campione di DNA, che verrà archiviato informaticamente» (p. 190) e che «entro il 2015 i loro [delle forze dell’ordine] veicoli ad alta velocità, progettati su misura, saranno alimentati da una batteria atomica e potranno trasformarsi in mezzi aerei, per sollevarsi di parecchi metri sopra il traffico» (p. 198). Ho l’impressione che dietro queste profezie vi sia un eccesso di consumo di film e un’attrazione morbosa per tutto ciò che ha a che vedere con il crimine. Un’altra profezia chiaramente wishful è quando la sensitiva americana afferma che: «la regressione ipnotica alle vite precedenti diventerà accessibile grazie a un ristretto numero di psicologi che opereranno sulla costa orientale e occidentale degli Stati Uniti e in tutta l’Europa entro il 2009 e grazie ai suoi straordinari risultati diventerà una tecnica terapeutica ampiamente praticata e apprezzata entro il 2011» (p. 255). La Browne dichiara di non essere una psicologa né una psichiatra né di avere una formazione medica. Eppure, è una ipnoterapista diplomata e iscritta all’albo che ha condotto migliaia di clienti in regressioni a vite precedenti (p. 251). Tutto ciò è puro ciarpame, ma la Browne deve aver guadagnato un bel po’ di soldi in questo modo. Deve aver trascorso quasi tutta la vita a essere accusata di essere una ciarlatana, che pratica una disciplina priva di fondamento scientifico, dopo aver conseguito un  titolo di latta. Ecco allora la grande idea: il riscatto tramite profezia. Voi vi prendete gioco di me? E io vi dico che tra qualche anno la regressione ipnotica alle vite precedenti diverrà pratica diffusa. Beccatevi questa! Non c’è bisogno di aggiungere che, a oggi (2020), non si è visto nulla del genere. Infine, forte dei suoi numerosi matrimoni finiti in divorzi e delle statistiche sui cali dei matrimoni, la Browne profetizza che «entro il 2020 vedremo la fine del matrimonio come lo conosciamo» (p. 261), aggiungendo: «anche se dovessi sbagliarmi (ma non è così) e il matrimonio conserverà la sua popolarità anche dopo il 2020 (ma non succederà)» (p. 263). Bell’esempio di protervia mista a insolenza!

È su questo sfondo di saccenteria, previsioni sistematicamente errate, wishful prophecy e sicumera che dobbiamo valutare la “straordinaria profezia” sul coronavirs. Ricordiamola:

Entro il 2020 diventerà di prassi indossare in pubblico mascherine chirurgiche e guanti di gomma, a causa di un’epidemia di una grave malattia simile alla polmonite, che attaccherà sia i polmoni sia i canali bronchiali e che sarà refrattaria a ogni tipo di cura. Tale patologia sarà particolarmente sconcertante perché, dopo aver provocato un inverno di panico assoluto, sembrerà scomparire completamente per altri dieci anni, rendendo ancora più difficile scoprire la sua causa e la sua cura (p. 220).

Molti sono rimasti colpiti da queste parole. In realtà, anche in questo caso, il metodo della sensitiva americana è sempre il medesimo. Prendendo spunto da realtà a lei note che evidentemente hanno colpito la sua immaginazione – i virus sono diffusi nel mondo da tempi immemorabili e nel periodo in cui fu pronunciata la profezia era fresco il ricordo della Sars, epidemia causata da un coronavirus e diffusasi nel 2002-2003 – estremizzandone le conseguenze e proiettandole nel futuro su scala più ampia e catastrofica, offrendo al contempo una parola di speranza (“sembrerà scomparire completamente per altri dieci anni”), la Browne compone uno scenario perfettamente in linea con le sue inclinazioni profetiche, ma niente affatto straordinario. Il resto, lo fanno i nostri timori, aspettative e conoscenze di persone che vivono una pandemia e attribuiscono alle parole dell’americana significati eccedenti. Non è vero che il Covid-19 causi in tutti polmoniti, che sia refrattario a ogni cura (mentre scrivo si discute di un imminente vaccino), che abbia provocato un inverno di panico (ne parliamo ancora in primavera e in estate), che non sia stata scoperta la causa, che sia “sconcertante” (il Covid-19 appartiene alla nota famiglia dei coronavirus). Certamente non sappiamo se scomparirà per dieci anni (ma i sensitivi sono bravi a rimandare quanto più possibile nel futuro la verifica delle loro predizioni). Insomma, ad analizzarla criticamente questa profezia appare molto meno stupefacente di quanto non sembri. E, tanto per cambiare, è collocata nel libro appena dopo la seguente, che di sconcertante ha solo il suo disastro:

Nel 2010 comparirà un’altra malattia legata alle immunodeficienze. Sembra che sarà collegata a uccelli esotici importati dal Brasile e che verrà trasmessa dagli uccelli a noi umani tramite una specie di minuscoli acari. Questa insidiosa infezione batterica si manifesterà sotto forma di un’escrescenza simile a un fungo che resisterà a tutti i farmaci e agli antibiotici noti a quell’epoca. Sarà simile alla fascite necrotizzante, ma si diffonderà su scala molto più vasta. Sarà talmente contagiosa che le persone infettate dovranno essere messe in quarantena. Dovremo passare quattro o cinque anni di panico prima che si scopra che il fungo e i batteri che lo provocano possono essere distrutti da un’associazione di corrente elettrica e calore elevatissimo (pp. 219-220).

In conclusione, l’analisi critica dell’intero testo della Browne, Profezie, rivela una desolante congerie di banalità, pseudoscienze, credenze improbabili, profezie costantemente errate. Il tutto condito da supponente sicumera, ineffabile mediocrità, convinzioni avvilenti, speranze a buon mercato. Da tale congerie emerge una “profezia” a cui solo le vicende ultime del mondo hanno consentito di dare significato, nonostante i limiti, le inesattezze, le ambiguità delle parole della Browne. Il successo di questa profezia deve molto a uno dei meccanismi psicologici più inconsapevolmente adoperati da chi ha fiducia in maghi e sensitivi: il bias di conferma, la tendenza a notare e ricercare solo le informazioni che confermano le proprie credenze e a ignorare o sottovalutare quelle che le contraddicono. Già, perché chi crede nelle facoltà paranormali tenderà a ricordare quell’unico episodio favorevole alle proprie convinzioni di fondo – i sensitivi sono in grado di prevedere il futuro – e a dimenticare le mille cantonate di contorno. In ultima analisi, è la nostra mente credula a farci del male. Con tanti ringraziamenti da parte di personaggi come Sylvia Browne.

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