Neofobia e misoneismo: oggi come ieri

Platone credeva che la scrittura avrebbe fatto deperire la memoria, il vaccino di Jenner fu accusato di trasformare le persone in bestie o di modificare i loro corpi e le loro anime. Telefonini e smartphone sono ancora oggi accusati di causare il cancro e… l’impotenza.

Ciò che è nuovo ha sempre fatto paura a causa delle tendenze estremamente conservatrici della nostra mente. Cambiare, innovare hanno sempre spaventato l’uomo, come testimonia la storia delle invenzioni. Di fronte al loro primo apparire, la mente umana impone sospetto, diffidenza; in alcuni casi, addirittura odio e violenza (vandalismo, luddismo).

Le reazioni di tanta parte della nostra società nei confronti della tecnologia derivano perlopiù dalla mancata comprensione delle infinite sfaccettature della tecnologia, ma anche dal fatto che la tecnologia modifica abitudini inveterate, ci costringe a cambiare stile di vita, a rimettere in discussione tempi e ritmi. Sembra proprio che l’uomo sia una creatura abitudinaria, anche se le abitudini a cui si aggrappa sono deleterie, rischiose o sorpassate dai tempi. E per difenderle, è disposto persino a falsificare, distorcere o esagerare i presunti rischi della nuova tecnologia.

Così, nel 1830, in Inghilterra, il neonato treno fu visto come un pericolo per gli uomini e la società. Un atto di superbia, che osava sfidare le velocità fino allora consentire (superava le 25 miglia l’ora!). Il fumo e i lapilli sprigionati dalla macchina a vapore ricordavano le fiamme dell’inferno. Gli allevatori scrivevano ai giornali che le loro vacche erano terrorizzate e non davano più latte. Cocchieri e postiglioni temevano che il treno avrebbe soppresso il servizio postale e il trasporto di passeggeri in diligenza. Perfino gli intellettuali dell’epoca condividevano queste paure: paure del mondo che cambiava e si trasformava; paura di tradizioni e stili di vita che tramontavano

Anche l’invenzione del cinema scatenò reazioni bizzarre (almeno dal nostro punto di vista). Si racconta (ma l’episodio potrebbe non essere vero) che quando fu proiettato L’arrivée d’un train en la gare de la Ciotat (1895) dei fratelli Lumière, gli spettatori furono colti dal panico nel momento in cui le immagini mostrarono un treno che giungeva lentamente in stazione. Ancora oggi il cinema e la televisione sono additati come facilitatori di comportamenti devianti, soprattutto fra i giovani.

Negli anni Cinquanta, i fumetti divennero per lo psichiatra Fredric Wertham (1895-1981) il flagello della gioventù, la causa principale, e in alcuni casi esclusiva, della delinquenza giovanile. Oggi i timori di Wertham appaiono superati, ma il loro posto è stato preso dai videogiochi, che sono percepiti come altrettanto, se non più, diabolici.

Indietro nel tempo – gli anni Venti – la radio era sospettata di diffondere onde in grado di causare terremoti e siccità. Come ricorda Errico Buonanno:

La radio si stava diffondendo. Improvvisamente, l’uomo scopriva che in aria correvano onde invisibili capaci di attraversare i muri e i corpi delle persone. E se quelle onde sfuggivano al nostro controllo, non potevano che terrorizzare. Era successo anni prima con il treno che, fin dalla sua inaugurazione nel 1830 in Inghilterra, aveva scatenato le proteste degli allevatori, convinti che le loro mucche non avrebbero dato più latte, nonché i timori di presunti esperti che assicuravano che l’eccessiva velocità avrebbe ucciso i passeggeri. Ed era successo per l’elettricità, che i giornali statunitensi descrivevano come una morte strisciante pronta a entrare nelle abitazioni. In tempi diversi, le stesse identiche dicerie si sono spostate sul famigerato 5G o sul Wi-Fi, che dalla sua invenzione scatenò voci di corridoio spasmodiche: le onde elettromagnetiche della rete internet erano cancerogene? Facevano ammalare i bambini? Provocavano il surriscaldamento del sistema nervoso e circolatorio? (Errico Buonanno, 2021, Non ce lo dicono. Teoria e tecnica dei complotti dagli Illuminati di baviera al Covid-19, UTET, Torino, pp. 148-149).

Già! Il 5G. E il virus. E perché non tutti e due insieme? Non a caso qualcuno ha visto nel primo la causa del secondo. Ancora una volta, il sospetto nei confronti del nuovo induce a credere che il nuovo generi catastrofi. Anche virali.

Il vocabolario ci dice che esistono due sostantivi per questo atteggiamento: neofobia e misoneismo (paura e odio nei confronti di ciò che è nuovo). In realtà, non si tratta necessariamente di qualcosa di patologico. Anzi, si tratta di una reazione innata. A tutti noi piace la routine, l’usuale, il sempre-lo-stesso. Tutti noi siamo turbati da ciò che è sconosciuto. Il problema è quando la neofobia diventa pregiudizio ostinato, chiusura all’esterno, identificazione del male nel nuovo. Una delle conseguenze possibili è la formulazione di complotti senza alcun fondamento: dal treno inventato per eliminare contadini e allevatori al 5G ideato per ridurre la popolazione terrestre. O farsi veicolo di virus.

Eppure, raramente teniamo conto del fatto che la neofobia è un meccanismo insito nella nostra mente. Con la conseguenza che, quando ci sentiamo neofobi, non mettiamo in discussione noi stessi, ma l’oggetto che suscita la nostra neofobia. E in questo modo perpetuiamo i nostri errori.

Questa voce è stata pubblicata in psicologia, Sociologia. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.