L’atto ideomotorio in William James

La domanda è: la mera idea degli effetti sensibili di un movimento è sufficiente mentalmente a stimolarlo o è necessario un ulteriore antecedente mentale, sotto forma di una risoluzione, una decisione, un consenso, un mandato della volontà o altro fenomeno simile della coscienza, prima che si verifichi il movimento?

Rispondo: talvolta la mera idea è sufficiente, ma altre volte è necessario che intervenga e preceda il movimento un ulteriore elemento conscio, sotto forma di una risoluzione, un mandato o un consenso espresso. I casi in cui non si manifesta una decisione rappresentano la varietà più fondamentale, perché più semplice. Gli altri, che dovranno essere esaminati al momento opportuno, hanno una natura più complessa. Per il momento, dedichiamoci all’atto ideomotorio, come è stato definito, ossia a quel tipo di processo volitivo che si traduce nella sequenza del movimento conseguente alla sua mera idea.

Ogni volta che un movimento segue immediatamente e senza esitazioni alla sua idea, abbiamo un atto ideomotorio. Non siamo, dunque, consapevoli di che cosa intercorra tra la concezione e la sua esecuzione. Intervengono, ovviamente, numerose reazioni neuromuscolari, ma non sappiamo assolutamente nulla di esse. Pensiamo all’atto ed esso ha luogo; e questo è tutto ciò che l’introspezione ci rivela della questione. Il dr. Carpenter, che per primo, credo, ha adoperato l’espressione atto ideomotorio, l’ha collocato, se non mi sbaglio, tra le curiosità della nostra vita mentale. La verità è che non si tratta di una curiosità, ma semplicemente di un normale processo spogliato di ogni apparenza. Mentre parlo, mi accorgo di uno spillo sul pavimento o di alcuni granelli di polvere sulla mia manica. Senza interrompere la conversazione, rimuovo la polvere o raccolgo lo spillo. Non formulo una decisione espressa, ma la mera percezione dell’oggetto e la fugace idea dell’atto sembrano sufficienti di per sé a provocare il fatto. Allo stesso modo, siedo a tavola dopo pranzo e mi trovo, di tanto in tanto, a spiluccare noci o uva passa da un piatto. In realtà, il pranzo è finito e, preso dalla conversazione, quasi non me ne rendo conto, ma la percezione della frutta e la fugace idea di mangiarla sembrano inevitabilmente provocare il fatto. Certamente, non siamo qui di fronte a una decisione, non diversamente da quanto capita in tutti gli accadimenti abituali e nei riassestamenti che riempiono ogni ora della nostra vita e che le sensazioni che ci giungono provocano in maniera talmente immediata che è spesso difficile decidere se chiamarli riflessi o atti volontari (James, W, 1890, “Ideo-Motor Action”, in Principles of Psychology, vol. II, Dover Publications, New York., pp. 522).

Sono queste le parole con cui William James inizia il paragrafo dei suoi Principles of psychology dedicato all’atto ideomotorio, nel capitolo riguardante l’analisi della volontà.

Si tratta di poche pagine che testimoniano dell’interesse del grande psicologo americano per un tema apparentemente banale come quello dei piccoli movimenti involontari che intervengono in tante situazioni della vita quotidiana e che permettono di spiegare fenomeni banali e apparentemente straordinari, come ho osservato qui in una raccolta di scritti di autori vari dedicati al tema.

La raccolta è ora completa, almeno per quanto mi riguarda, e qui potete trovare il libricino comprensivo della traduzione di queste pagine di James. Chissà che non ne nasca una pubblicazione in futuro!

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