Il marketing per paradossi

Il paradosso è da sempre un’arma pubblicitaria per destabilizzare e scardinare le fragili soglie di attenzione dei consumatori e catturare il loro consenso. Alcuni messaggi pubblicitari, però, ostentano cortocircuiti involontari che si appellano al consumatore come se fossero dotati di senso. Si consideri la precedente confezione Beretta che promuove sfacciatamente un prosciutto “senza antibiotici dalla nascita” nel “rispetto del benessere dell’animale”. Le due frasi avrebbero un significato se fossero presentate da sole. Un prosciutto “senza antibiotici dalla nascita” è cosa buona (anche se un animalista non la penserebbe così); agire nel “rispetto del benessere dell’animale” è condotta altrettanto buona. Ma giustapposte, le due frasi propongono una contraddizione plateale che non credo intenzionale e che sarebbe ridicola, se non fosse tragica: quelli della Beretta tengono talmente al benessere degli animali che li uccidono dopo averli allevati senza alcun antibiotico! È come se chi ha confezionato il prosciutto Beretta non si rendesse conto che il rapporto tra le due frasi non è additivo, ma paradossale. La prima si basa sul meccanismo persuasivo del “naturale” (ciò che è naturale è buono); la seconda sul meccanismo dell’amore per gli animali (gli animali sono buoni). Ma insieme troppa bontà stride fragorosamente. Mi domando se il consumatore si accorga della contraddizione o si lasci sedurre dall’effetto associato dei due meccanismi. Spessissimo – e i pubblicitari lo sanno – i prodotti vengono acquistati non per il messaggio informativo che veicolano, ma per ciò che sono in grado di evocare, anche se ciò che evocano è contraddittorio. Nulla di personale contro i fratelli Beretta, ma perché non siamo più in grado di cogliere le contraddizioni interne ai discorsi che ci vengono rivolti?

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