Il malato come deviante o quell’iperbolico di Parsons

Talvolta, le teorie sociologiche conducono a conclusioni sorprendenti, se non sconvolgenti, per i profani. Un esempio fra tanti è la riflessione di Talcott Parsons (1902-1979), uno dei “mammasantissima” della disciplina, sulla malattia e il malato.

Per Parsons, «la malattia è uno stato di turbamento nel funzionamento “normale” dell’individuo umano nel suo complesso, in quanto comprende sia lo stato dell’organismo come sistema biologico sia i suoi adattamenti personali e sociali. Essa viene così definita in parte biologicamente e in parte socialmente» (T. Parsons, 1951, Il Sistema sociale, Edizioni di Comunità, 1981, p. 440). Questo turbamento ha, però, delle ripercussioni non solo sull’individuo, ma sull’intera società.

Ed è a questo punto che il pensiero di Parsons sorprende. Per il sociologo americano, infatti, la società è così turbata dalla malattia da arrivare a definire questa come una forma di comportamento deviante, sia nel senso che essa rappresenta un modo per sottrarsi alle pressioni sociali cui si è sottoposti e, quindi, alle responsabilità sociali in genere e produttive in particolare, sia nel senso che essa consente di sottrarsi alle aspettative di ruolo che ricadono su ogni individuo in quanto occupante una determinata posizione sociale.

La persona riconosciuta dal medico come malata può essere temporaneamente dimessa dai suoi ruoli normali per assumere il ruolo di malato; ruolo su cui ricadono obblighi e costrizioni e che  legittima l’individuo a non svolgere determinati compiti, mansioni, doveri in virtù della condizione patologica in cui è immerso. Ricordiamo, al riguardo, che per Parsons la vita sociale è sostanzialmente assumere dei ruoli, vale a dire un insieme di modelli di comportamento attesi, di obblighi e aspettative che convergono sugli individui che ricoprono determinate posizioni sociali.

La malattia è, dunque, disfunzionale all’equilibrio del sistema sociale perché rende i soggetti incapaci di svolgere efficacemente i loro ruoli sociali

Se la malattia è una forma di devianza, essa deve essere controllata e la persona – il ruolo – deputato a guidare il “meccanismo” di controllo sociale della devianza è il medico, che ha così il compito di accertare, controllare e risocializzare il malato mettendolo in grado di assolvere nuovamente al proprio ruolo. Inoltre, essendo la malattia una forma di devianza istituzionalizzata rispetto ai ruoli sociali necessari al funzionamento del sistema sociale, il malato ha il ”dovere” di guarire per ritornare ad assolvere i propri compiti. In questo contesto, il medico svolge la funzione di guardiano della malattia e di lasciapassare al reintegro sociale.

Ne consegue una visione quasi orwelliana della società, tutta centrata sul funzionamento di ogni suo singolo componente, il fine ultimo essendo la piena coesione e integrazione dei membri all’interno del tessuto sociale. Ogni minimo scarto dal ruolo prescritto può provocare un comportamento deviante, anche se lo scarto, come nel caso della malattia, è involontario. L’importante per Parsons non è ciò che si vuole, ma ciò che, nella concretezza, si fa. E le conseguenze possono essere terribili: una di queste è l’espulsione dal novero dei ruoli che si interpretano in un dato momento storico.

Intendere il malato come deviante è un’aberrazione indotta dalla considerazione della realtà sociale come sistema sostanzialmente chiuso e dalla riduzione dell’individuo a un complesso di ruoli da assolvere. Oggi, la sociologia non è più parsonsiana e i ruoli sociali non sono più visti come una sorta di camicia di forza culturale. Ma la tendenza a vedere il malato come deviante è ancora presente. Basti pensare alle penalizzazioni, anche economiche, che ricadono in ambito lavorativo su chi “osi” assentarsi per malattia; alla strumentalizzazione della malattia per ottenere vantaggi secondari, sia economici, sia affettivi (il bambino che non vuole andare a scuola), sia di altro tipo (il militare che “marca visita”); o alle conseguenze negative che possono discendere da una lunga malattia (disfacimento del contesto familiare, lavorativo, esistenziale ecc.).

La teoria del malato come deviante di Parsons può sembrare iperbolica, ma allude a una verità fondamentale: la malattia non è un fatto soltanto medico o biologico, ma anche sociale, come l’attuale pandemia da coronavirus sta drammaticamente mostrando.

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