Cantonate algoritmiche

Il Vocabolario etimologico della lingua italiana di Pietro Ottorino Pianigiani (1845 – 1926), la cui prima edizione risale al 1907, è ancora oggi considerato un testo rilevante in materia tanto da essere stato trasferito sul Web ed essere consultato ogni giorno da decine di curiosi. Le ricostruzioni etimologiche ospitate dall’opera sono, nella maggior parte dei casi, affidabili, ma non è raro che il linguista toscano incappi in cantonate clamorose. È il caso del termine “algoritmo”, termine con il quale si intende un procedimento per risolvere un determinato problema attraverso un certo numero di operazioni. Per il Pianigiani – e non solo, visto che questa interpretazione è stata condivisa da parecchi linguisti per molto tempo – la parola deriva dal greco arithmòs, “numero” (arithmeo, “numerare”), da cui deriva anche il termine “aritmetica”, preceduto dall’articolo arabo Al. La tesi non è affatto peregrina: dopotutto gli algoritmi si basano sulla matematica e tra “aritmetica” e “algoritmo” (e – perché no – “logaritmo”) sembra facile scorgere più di una qualche affinità.

In realtà, l’origine è tutt’altra e rimanda a un libro scritto dal matematico e astronomo arabo Abū Jaʿfar Muhammad ibn Mūsā al-Khwārizmī (780 circa – 850 circa) intorno al 825 d.C., libro che introdusse in Europa il sistema di notazione decimale posizionale e che insegnò a tutti ad adoperare i cosiddetti numeri arabi. Tradotto in italiano dall’arabo, il titolo del testo è (Libro) di al-Khwarizmi sui numeri indiani. La traduzione in latino, invece, ebbe il titolo Algorismi de numero Indorum, dove “algorismi” è la latinizzazione del nome di Al-Khwarizmi. Con il tempo, però, il nome latinizzato passò a significare non una persona in carne e ossa, ma le procedure che consentivano di effettuare calcoli in notazione decimale (“algorismi” o “algoritmi”) e più tardi le procedure di calcolo necessarie per ottenere un determinato risultato. In questo modo fu dimenticata l’origine autoriale del termine e il nome del matematico arabo venne a coincidere – non si sa se per una svista o per un errore di traduzione – con una procedura di calcolo. L’affinità con il greco  arithmòs fece il resto.

Curiosamente, al-Khwārizmī ci ha regalato involontariamente un altro importante termine: “algebra”. Questo deriva infatti dal titolo di un’altra sua opera: al-Kitāb al-mukhtasar fī ḥisāb al-jabr wa al-muqā, dove il termine  al-jabr significa “spostare”, che rimanda allo spostamento di un termine da una parte all’altra come metodo di risoluzione delle equazioni di primo grado.

Spostamenti, slittamenti e altri accidenti possono decidere della fortuna (o sfortuna) di una parola. Ne trae celebrità il nome di al-Khwārizmī che (anche) grazie a un errore di traduzione è passato indelebilmente alla storia della matematica e delle scienze in genere.

 

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