Un fenomeno trascurato: l’alunno straniero disabile

Secondo i dati resi noti dal MIUR nel maggio 2018, relativi agli alunni con disabilità per l’anno scolastico 2016-2017, la percentuale degli alunni stranieri sul totale degli alunni e pari al 9,4%, mentre la percentuale di alunni stranieri con disabilità sul totale degli alunni con certificazione di disabilità è pari al 12,5%. Si tratta di numeri non trascurabili che descrivono un fenomeno – quello degli alunni stranieri con disabilità – destinato a divenire sempre più rilevante nel prossimo futuro. Eppure una strana cecità impedisce di coglierne la portata. Sia a livello quotidiano che accademico, si tende a tematizzare le categorie della “disabilità” e delle “migrazioni” come categorie reciprocamente esclusive, quasi che non riuscissimo a pensare la categoria composita dello “straniero disabile”. Così, la combinazione di queste due categorie genera incomprensioni, fraintendimenti, pregiudizi che sono qualcosa di diverso e di più complesso della somma delle incomprensioni, fraintendimenti, pregiudizi che riguardano le due categorie prese singolarmente.

In particolare, nei confronti degli alunni stranieri con disabilità è facile la tentazione di:

  1. a) medicalizzare comportamenti culturali che non si comprendono (ad esempio, la tendenza a diagnosticare la dislessia a bambini di cultura araba);
  2. b) culturalizzare disturbi che non si riesce a vedere (ad esempio, ritenere che determinate difficoltà scolastiche siano dovute solo alla diversa “cultura di provenienza” del bambino).

Il rischio, come osserva una delle poche ricerche al riguardo, «è quello di interpretare stili comunicativi diversi come disturbi della relazione, oppure di non saper decodificare nella pratica comunicativa quello che effettivamente appartiene alla sfera della disabilità e quello che appartiene alla patologia».

Di fronte a questo rischio siamo notevolmente impreparati. Nel migliore dei casi pensiamo che le categorie della “disabilità” e delle “migrazioni” siano sufficienti di per sé a dar conto della situazione. Nel peggiore, ci sentiamo del tutto impotenti.

Occorrono, evidentemente, nuove conoscenze e ricerche approfondite in materia.

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