L’attenzione rende ciechi

Spesso non riflettiamo sul fatto che, quando osserviamo una persona, un oggetto o un evento, il fatto di rivolgere la nostra attenzione verso quella persona, quell’oggetto, quell’evento fa sì che non vediamo letteralmente altri oggetti che pure si presentano al nostro sguardo in maniera chiara e inequivocabile.

Una serie di studi sperimentali ha dimostrato quanto possiamo essere “ciechi” quando prestiamo attenzione a qualcosa. Uno degli esperimenti più famosi è quello condotto da Daniel Simons e Christopher Chabris dell’Università di Harvard, pubblicato nel 1999. Ai partecipanti all’esperimento fu chiesto di guardare attentamente un breve filmato di un gruppo di persone che si passavano la palla e di contare il numero dei passaggi. Alla fine del video, ai partecipanti fu chiesto di scrivere la cifra, prima di essere sottoposti a una serie di domande insolite, tra cui: «Non ha per caso visto un gorilla attraversare lo schermo?». Una delle risposte più frequenti era: «No. Perché avrei dovuto vedere un gorilla?». In realtà, la domanda era ben fondata: nel filmato, una donna con un costume da gorilla aveva attraversato il gruppo di persone che si passavano la palla, camminando lentamente. Nonostante questo, il 46 per cento dei partecipanti non aveva notato la donna, perché era troppo intento a contare i passi. Io stesso, sottoposto al medesimo esperimento, non ho visto il gorilla. Ero talmente assorto dal contare i passaggi della palla da non vedere il soggetto peloso e ingombrante che passava accanto alle persone che si passavano la palla. Questo fenomeno psicologico è noto come cecità al cambiamento.

L’incapacità di accorgersi che qualcosa nel contesto è cambiato può manifestarsi non solo quando osserviamo fotografie o filmati, ma anche nella vita reale. Gli psicologi ricercatori Daniel Simons e Daniel Levin nel 1998 hanno pubblicato i risultati di un esperimento che dimostra che, se uno sconosciuto ci chiede informazioni, e nel bel mezzo della conversazione veniamo distratti brevemente mentre un’altra persona prende il posto dello sconosciuto, è difficile che ci accorgiamo della sostituzione. Un altro studioso di psicologia, Ira Hyman, e la sua equipe della Westem Washington University nel 2010 hanno dimostrato che possiamo anche passare accanto a un clown sul monociclo senza notarlo, se stiamo parlando al cellulare. La cecità al cambiamento è la ragione per cui nella vita quotidiana non ci accorgiamo che il partner ha tagliato i capelli, o usiamo frasi come: «E sbucato dal nulla!» quando siamo al volante. Spiega anche perché, a volte, non ci accorgiamo del saluto dell’amico in strada e di tante altre cose. A quanto pare, a volte non vediamo anche quando guardiamo.

È curioso al riguardo il fatto che ci offendiamo se un amico in strada non ricambia il nostro saluto. Tendiamo immediatamente a pensare che lo abbia fatto apposta, che il suo comportamento nasconda un’intenzione irrispettosa nei nostri confronti. È difficile accettare l’idea che l’altro sia semplicemente distratto o preso da altro. Siamo troppo importanti ai nostri occhi. Non sopportiamo che gli altri non ci vedano. E così nascono malumori e incomprensioni. Spesso difficili da sanare.

Fonte: Shaw, J., 2017, L’illusione della memoria, Ponte alle Grazie, Milano.

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