Il martello di Maslow

Lo psicologo Abraham Maslow (1908-1970), noto in tutto il mondo per la sua teoria della piramide dei bisogni, scriveva nelle prime pagine di Psychology of science (Maurice Bassett Publishing, 1966):

I remember seeing an elaborate and complicated automatic washing machine for automobiles that did a beautiful job of washing them. But it could do only that, and everything else that got into its clutches was treated as if it were an automobile to be washed.

I suppose it is tempting, if the only tool you have is a hammer, to treat everything as if it were a nail (p. 15).

Traduzione:

Ricordo di aver visto una complicata e intricata macchina automatica per lavare le automobili che svolgeva il suo compito meravigliosamente. Ma non riusciva a fare altro, e qualsiasi altra cosa capitasse tra i suoi artigli veniva trattata come se fosse un’automobile da lavare.

Immagino che sia allettante, se l’unico attrezzo che si ha a disposizione è un martello, trattare ogni cosa come se fosse un chiodo.

L’osservazione quasi incidentale di Maslow – nel suo libro la parola “martello” compare solo in questa citazione – è stata trasformata da psicologi e sociologi in una sorta di meccanismo cognitivo distorcente, battezzato appunto “martello di Maslow”, per indicare la tentazione di risolvere problemi di ogni genere con l’unico strumento, metodo, risorsa che si ha a disposizione.

L’azione subdola del “martello” è evidente nel modo di agire di molti “esperti”. Se si posseggono competenze in un determinato campo è facile cedere alla tentazione di spiegare tutto alla luce di quelle competenze e dei metodi a esse sottesi.

Durante la pandemia, ad esempio, i virologi hanno improvvisamente acquisito popolarità perché percepiti da media e pubblico, come gli unici (o quasi) in grado di dire qualcosa di sensato sul virus.  Il problema è sorto quando gli stessi virologi sono stati chiamati a fornire opinioni e spiegazioni su altre questioni centrali e marginali della nostra società per le quali non possedevano competenze specifiche, ma che venivano affrontate con le conoscenze e i metodi a loro noti in virtù della professione che svolgevano. Il risultato è stato spesso la creazione di confusione, timori, controversie e, in alcuni casi, opinioni del tutto prive di fondamento, ma spacciate per affidabili in virtù dell’autorità della fonte.

Ugualmente, se siamo economisti, abbiamo la tentazione di interpretare ogni aspetto della realtà in chiave economica.

Se siamo policy makers e se le uniche policy a cui siamo abituati consistono in divieti è facile la tentazione di risolvere ogni problema sociale con ulteriori divieti.

Se siamo insegnanti, potremmo essere tentati di assegnare alla scuola la palma di principale agenzia di istruzione, dimenticando che oggi le opportunità di apprendere sono molteplici ed eterogenee. E così via.

Il punto è che ad alcuni di questi “martelli” riconosciamo una autorità indiscussa che non ci consente di individuare la parzialità del punto di vista presentato. Durante la pandemia, ad esempio, è proprio in virtù della assoluta fiducia nei confronti di alcuni rappresentanti istituzionali che abbiamo accolto senza batter ciglio misure di contenimento del virus che, con il senno di poi, si sono rivelate spropositate o del tutto inutili (come i coprifuoco).

È importante, dunque, imparare a riconoscere i vari “martelli” che ci vengono presentati ogni giorno come la soluzione definitiva ai mille problemi della vita quotidiana, per non diventare tutti dei “chiodi” da battere in modo improprio.

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