Due potenti fallacie della mente

Tra le fallacie in cui spesso incappa il nostro ragionamento e che oggi hanno grande capacità persuasiva, due meritano una menzione particolare perché, pur essendo straordinariamente efficaci, sono raramente oggetto di riflessione.

La prima va sotto il nome di argumentum ad crumenam e consiste nel ritenere che il denaro sia un criterio di corretta valutazione di argomenti e comportamenti altrui. Un esempio di tale fallacia è fornito dalle affermazioni seguenti che a tutti può capitare di ascoltare: «X deve avere sicuramente ragione; perché altrimenti sarebbe così ricco?»; «La Microsoft è indubbiamente superiore ai concorrenti. Come avrebbe fatto altrimenti Bill Gates a diventare così ricco?»; «Se sei tanto intelligente, perché non sei ricco?»; «Sono ricco di famiglia; non ho bisogno di rubare». Ciò che colpisce di queste affermazioni è l’idea che il denaro sia percepito come una garanzia della bontà di opinioni, condotte o status sociali, indipendentemente dal merito dell’opinione, dal tipo di condotta, dal modo in cui si arriva a occupare un dato status. Il denaro sembra essere una cappa magica che conferisce doti di ogni genere a chiunque lo indossi. Nel caso dell’ultima affermazione, poi, l’argomento è particolarmente ingannevole perché la ricchezza, per quanto considerevole, non protegge affatto da avidità e comportamenti predatori. Sono davvero tante le persone che cedono al fascino dell’argumentum ad crumenam e che abbandonano ogni ritegno, anche intellettuale, quando si trovano al cospetto di un individuo facoltoso. Attenzione, dunque, a non lasciarsi irretire dalle sue argomentazioni capziose.

La seconda fallacia, quasi l’opposto della prima, è nota con il nome di argumentum ad lazarum e consiste nel ritenere che la povertà sia automaticamente sinonimo di virtù o onestà. Affermazioni che incarnano questa fallacia sono: «I monaci comprendono meglio la vita perché non sono distratti dalla ricchezza»; «Un vecchio contadino una volta mi disse…»; «Vengo da una famiglia povera che mi ha insegnato che rubare è sbagliato». Naturalmente, essere poveri non significa necessariamente essere virtuosi e onesti. Anzi, in alcuni casi, la povertà si accompagna a scarsità di istruzione, indigenza e disperazione e può spingere gli individui a commettere azioni devianti proprio per rimediare alle loro misere condizioni di vita. Forse, in questo caso, agisce la forza del noto aforisma biblico “gli ultimi saranno primi” o quella del detto “vox populi vox dei” che pure ha un significato diverso. In ogni modo, non necessariamente saggezza, sapienza e virtù sono generate da situazioni di povertà materiale, così come non è detto che la ricchezza generi necessariamente corruzione, vizio e  depravazione.

Argumentum ad crumenam e  argumentum ad lazarum: due potenti fallacie della mente, facilmente adoperabili a scopi persuasivi.

Non lasciamoci abbindolare dal loro incanto.

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