Retoriche dei No Mask

Nelle dichiarazioni dei No Mask, sigla che identifica un fronte variegato di persone accomunate dalla convinzione che il Covid 19 non esista (“negazionisti”) o non sia affatto dannoso e che, dunque, sia inutile indossare la mascherina, è evidente la tendenza a “risignificare” nomi e concetti che hanno a che fare con la pandemia secondo accezioni che confortano le tesi di fondo dei sostenitori di questo orientamento. Mi spiego meglio.

Prendiamo il termine “mascherina”. La mascherina, come rivela ogni dizionario, è un dispositivo da applicare davanti alla bocca e al naso per protezione. In epoca di coronavirus, è indossata per tutelare la salute di chi la indossa e di chi è intorno a chi la indossa. La sua utilità è chiara e apparentemente inequivocabile. Partendo dal fatto che essa copre esattamente la stessa porzione di pelle di un bavaglio, dispositivo adoperato per impedire all’imbavagliato di parlare o gridare, i No Mask risignificano la mascherina attribuendole un valore restrittivo, censorio, tirannico. La mascherina, così, non serve a proteggere, ma a impedire di esprimersi. Diventa il simbolo di una “dittatura sanitaria”, i  cui scopi peraltro non sono affatto chiari.

Altro esempio. I tamponi diagnostici sono batuffoli di cotone idrofilo sterile arrotolati attorno all’estremità di una bacchetta allo scopo di essere strisciati sulla superficie di una cavità naturale e rilevare la presenza di virus. Sono un tipo di test invasivo che, in questi giorni, è spesso adoperato per rilevare il contagio da coronavirus. Ebbene, poiché il verbo “tamponare” fa riferimento a un veicolo che ne urta un altro, i No Mask risignificano il tampone, attribuendogli finalità indebitamente “urtanti”, tese al controllo delle masse e alla diffusione della paura tra la gente. Di qui, il rifiuto di ogni test, accusato di essere uno strumento dei “dittatori sanitari” per inculcare nel popolo il “verbo” del “nuovo ordine mondiale” (“Tamponatevi il culo!”).

Allo stesso modo, il confinamento, le misure di social distancing, il lockdown, che hanno finalità di prevenzione e tutela, sono risignificate in senso restrittivo e diventano gli strumenti di uno stato di polizia (“arresti domiciliari”) che vuole ridurre i propri cittadini alla condizione di sudditi imbelli. Il confinamento diventa, così, una sorta di training a un modello di vita orwelliano per il quale, in questi mesi, staremmo organizzando le prove generali.

A chi mostra loro i numeri delle vittime della pandemia, i No Mask ribattono che “nessuno che conosco è morto di Covid” e che, in realtà, i “presunti” morti di Covid sarebbero deceduti per altre ragioni (“negazionismo”). Attraverso l’uso di queste retoriche dell’incredulità, si appanna il fenomeno coronavirus, relegandolo a fatto minore, mezzo di affermazione di un ordine mondiale concepito da banchieri, massoni, sionisti, personaggi come Bill Gates e George Soros e tanti altri loschi personaggi e gruppi, uniti dalla volontà di dominare il mondo e affermare i propri interessi a scapito della comunità.

È facile accusare i No Mask di stupidità e irrazionalità. Più impegnativo comprendere le loro “ragioni” che originano probabilmente dallo stato di confusione in cui versiamo a causa dell’evento pandemia, dai conflitti di opinioni e idee sulla sua origine, potenza e sviluppo, dalle rappresentazioni drammatiche, spesso superficiali e sensazionalistiche che i media ci offrono della questione, dalle tremende conseguenze oggettive della pandemia (crisi economica, disoccupazione, calo della produttività). Su questo sfondo si innestano idee complottistiche preesistenti, che rimandano a cospirazioni inaudite, ma prive di fondamento, ai danni dell’umanità, i cui protagonisti cambiano di volta in volta, ma in cui le persone comuni appaiono sempre come pupazzi i cui fili sono mossi da abili burattinai.

Sarebbe troppo lungo spiegare perché le tesi cospirazioniste si propaghino tanto facilmente. Rimando per questo al mio Cospirazioni e trame segrete. Cause, motivazioni e limiti delle paranoie sociali, che potete leggere in questa sezione del sito. Nel frattempo, non cadiamo nell’errore di rubricare le tesi dei No Mask a mera stupidità. Corriamo il rischio di non prendere sul serio le loro tesi, rafforzandole.

La stupidità è una facile taccia. Fa sentire al sicuro chi la usa, ma ancora più al sicuro chi ne è il bersaglio, il quale potrà sempre controbattere: «Lo stupido sei tu! Svegliaaaa!».

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