Menzogna e religione cattolica

Che rapporto ha il cristianesimo con la verità? La risposta sembra essere semplice. Il cristianesimo coincide con la verità e «la verità vi farà liberi» (Giovanni 8, 32).

Ma se, per trionfare, il cristianesimo avesse bisogno della menzogna? Se, cioè, la menzogna fosse necessaria per l’affermazione della verità suprema di Dio? In altre parole, se, machiavellicamente, il fine della verità di Dio giustificasse il mezzo, pur di per sé disprezzabile, della menzogna?

Si tratta di speculazioni niente affatto peregrine, avvalorate almeno da un passo del nuovo Testamento, più precisamente della Lettera ai Romani, l’epistola più lunga delle tredici composte da Paolo di Tarso.  In essa, infatti, leggiamo:

«Ma se per la mia menzogna la verità di Dio sovrabbonda a sua gloria, perché sono ancora giudicato come peccatore? Perché non «facciamo il male affinché ne venga il bene», come da taluni siamo calunniosamente accusati di dire? La condanna di costoro è giusta» (Romani 3, 7-8).

In questo brano, appare evidente la consapevolezza del “servizio” che la menzogna può rendere alla verità; consapevolezza condivisa da altri protagonisti della storia del cristianesimo, come, fra gli altri, Eusebio di Cesarea (260-339), il quale in una sua opera, la Preparatio Evangelica (12, 32) ammette candidamente: «Può essere lecito e opportuno utilizzare la falsità come medicina, per il beneficio di coloro che vogliono essere ingannati». La falsità, dunque, come una sorta di placebo per compiacere chi proprio vuole essere ingannato per essere traghettato verso la verità.

Contrariamente all’idea manichea secondo cui verità e menzogna si escludono a vicenda e sono destinate a non incontrarsi mai, perfino una religione come il cristianesimo sembra assumere sulla questione una posizione meno tetragona e più pragmatica. Se serve alla causa di Dio, è utile mentire perché l’importante è che trionfi la verità superiore della divinità. La menzogna può essere dunque convertita in vassallo della verità, suo servitore e facilitatore. Una “verità” dura da digerire, ma più terricola del dogma secondo cui il dualismo tra vero e falso può concepirsi solo ed esclusivamente in forma monadica.

Sì, forse Machiavelli ha avuto in Paolo di Tarso il suo precursore e maestro.

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