Lombroso e la funzione sociale del delitto

Cesare Lombroso (1835-1909), padre riconosciuto della criminologia italiana, dedicò tutta la sua vita a tentare di scoprire le cause della delinquenza. La sua opera, al di là del discredito da cui fu colpita già quando era in vita, è un esempio classico di paradigma eziologico in cui, date determinate cause, concepite in termini di stigmate atavistiche, conseguono determinati effetti in maniera lineare e prevedibile. Una vera scoperta è però il Lombroso degli ultimi quindici anni del XX secolo, quello che fa i conti con i cambiamenti politici, gli scandali finanziari (la corruzione, la truffa), le forme più evolute di delitto dell’Italia dell’epoca. Un Lombroso che quasi non ci aspetteremmo, che scopre, tra mille cautele e riserve, che il delitto può avere addirittura delle funzioni positive all’interno della società. Lo scritto in cui più chiaramente si manifesta il nuovo Lombroso è La funzione sociale del delitto, pubblicato nel 1896, oggi introvabile, che qui allego nella mia trascrizione.

Tra le funzioni sociali individuate la prima è quella politica: «Tutti sanno che nei tempi antichi, e anche ora nei popoli meno civili, i più nefandi delitti sono adoperati come arma politica» (Lombroso, 1896, p. 6). A tal proposito, Lombroso cita i nomi di Machiavelli, Fouchè e Talleyrand, facendo notare come il delitto abbia avuto un ruolo decisivo nelle vicende politiche di tutta la storia politica del mondo.  Addirittura, « il nucleo dei grandi ribelli politici è, quasi sempre, criminale» (Lombroso, 1896, p. 16). Gli statisti più capaci sono storicamente proprio quelli privi di scrupoli e meno onesti.

Le guerre, che di per sé sono insiemi di delitti, «spingono a straordinari progressi popoli semi barbari» (Lombroso, 1896, p. 10) come dimostrano numerosi esempi dall’antica Grecia alla storia dell’Ottocento. Inoltre,

la guerra, essendo un grande delitto, è naturale che il delinquente esplichi la sua attività nell’arte militare. Ed è curioso, in proposito, il fatto rivelatoci anche dalla filologia che molti uffici militari erano tanto criminosamente esercitati che assunsero la sinonimia e il significato di delitto; così i latrones (da ad latus) erano una specie di aiutanti di campo del re, che pare, invece di gingillarsi come ora colle dame, si occupavano a predare, tanto da restarne fuso il nome coi ladri, come è successo ai nostri giorni pei pirati, che niuno crederebbe essere stati invece, marinai da guerra, così masnada, in origine non era che una truppa; così brigante, che era una specie di bersagliere a cui davasi a cottimo l’assalto di una città (Lombroso, 1896, p. 16).

Lombroso cita poi il caso della prostituzione e dell’usura. La prima «può prevenire una quantità di delitti sessuali, riescirne una vera profilassi» (Lombroso, 1896, p. 11); la seconda contribuì a formare «i primi strati della borghesia, e i primi grandi accumuli di capitali da cui son partite le imprese più potenti dell’umanità» (Lombroso, 1896, p. 12). Ancora, dai delitti sono nate moltissime pene usate contro i delitti, mentre molti truffatori hanno introdotto importanti novità nella vita commerciale e sociale:

Gli imbroglioni, i truffatori, è vero che lavorano solo per sé, ma grazie alla stessa loro smania d’attività, applicano l’ingegno a vantaggio degli altri; nello stesso tempo mettono in moto una tal quantità di fermenti, che dànno una spinta fortissima al progresso e alla civiltà; di più, per la mancanza di scrupoli, per l’energia che presta loro l’impulsività violenta e per l’imprevidenza degli ostacoli e delle sventure, riescono là dove gli onesti non giungerebbero mai» (Lombroso, 1896, p. 15).

Infine, Lombroso fa notare che «forse un ufficio del delitto, poco avvertito dai contemporanei, è quello del preparare, pei suoi eccessi, una reazione. A furia di ipocrisie il gesuita e il paolotto divennero sinonimo di ipocrita, e da allora in poi nacque una reazione potente contro il gesuitismo» (Lombroso, 1896, p. 19).

Ciò che scopre il criminologo italiano sul finire del secolo, è soprattutto lo “spirito innovatore” apportato dal delitto, uno spirito nuovo che incontra la weltanschauung progressista dell’epoca e che, al tempo stesso, deve fare i conti con l’emergere di fattispecie criminali nuove che destabilizzano il vecchio quadro criminologico sul quale pure Lombroso aveva costruito le sue fortune. In questo contesto, il crimine appare meno nettamente contrapposto al comportamento onesto, meno riducibile in termini manichei e, addirittura, funzionale all’organizzazione sociale. Una conclusione sorprendente, considerando il Lombroso “classico”, ma che riflette la complessità di un mondo in cambiamento che, di lì a poco, si aprirà a eventi sconvolgenti come la Rivoluzione sovietica e le due guerre mondiali.

L’esempio di Lombroso ci dice che il crimine può avere funzioni positive all’interno della società. Per saperne di più su questo argomento, consiglio il mio Verso una criminologia enantiodromica, il primo manuale di criminologia che insegna che il bene può derivare dal male.

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