Il comma 22 del rosario

C’è qualcosa nella recita del rosario che espone il credente a un cortocircuito psicologico, una antinomia costitutiva, una impossibilità di fondo. Lo definisco il “comma 22 del rosario” in analogia con la situazione paradossale descritta dallo scrittore Joseph Heller nel romanzo Catch 22 del 1961.

Ricorderete che il comma 22 del romanzo recita: “Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo”.

Il comma 22 del rosario, mai esplicitato da nessuno, potrebbe invece recitare: “Per conseguire i benefici del rosario bisogna recitarlo bene, ma è impossibile recitare bene il rosario per cui è impossibile trarne beneficio”.

Perché è impossibile recitare bene il rosario?

Per recitare correttamente il rosario e trarne gli auspicati benefici spirituali, il fedele deve contemporaneamente fare tre cose diverse, dedicando a ognuna la propria fervida e completa attenzione. Deve recitare una serie di orazioni, meditare su alcuni misteri della vita, morte e resurrezione di Gesù Cristo e formulare un’intenzione (ad esempio, chiedere una grazia, imitare una virtù o distruggere un peccato). Ma è umanamente possibile dire una cosa, meditarne un’altra e farne un’altra ancora con la medesima energia mentale?

Per la psicologia, siamo di fronte a un compito di multitasking che richiede che le proprie risorse attentive siano dedicate con la medesima intensità a ogni attività. Il problema è che le risorse attentive sono limitate e le attività sono costrette a entrare in competizione per accaparrarsi quanta più energia possibile. La conseguenza è che, a meno che alcune attività non siano completamente automatizzate, non è possibile svolgerle simultaneamente con la stessa intensità. Sarà necessario, allora, distribuire la propria attenzione in maniera differenziale, privilegiando alcune attività a scapito di altre, così che necessariamente alcune di esse non potranno essere elaborate con il medesimo livello di efficienza.

Se un compito richiede molta attenzione, ne resterà pochissima per un altro. Se due compiti interferiscono tra loro, la loro esecuzione ne risentirà inevitabilmente. L’alternativa è automatizzare un compito per liberare energie per gli altri. Un processo automatizzato è un processo al quale si dedica, in origine, piena attenzione e che poi, con l’esercizio, diventa talmente automatico da essere svolto in maniera quasi inconscia. È il caso della guida dell’automobile o dell’uso di uno strumento musicale. Inizialmente, queste attività richiedono molto impegno ed errori frequenti. Con l’esercizio, la prestazione diventa più fluida e rapida fino a non richiedere quasi più un monitoraggio cosciente.

Applicate alla recita del rosario, queste osservazioni comportano l’impossibilità di svolgere le attività di recitazione, meditazione e formulazione delle intenzioni in maniera simultanea con intensità equivalente. L’alternativa è automatizzare uno o due processi in modo che sul terzo possa convergere quasi tutta l’energia attentiva. Ciò vuol dire, ad esempio, dedicare tutta la propria attenzione alla meditazione dei misteri, recitando in maniera meccanica i Padre nostro e le Ave Maria o formulando in maniera convenzionale le intenzioni.

Ma ciò è esattamente quello che un buon cristiano non dovrebbe fare: fervore e devozione dovrebbero essere distribuite paritariamente tra tutti gli elementi del rosario. Ne deriva un paradosso: la recita ideale del rosario contrasta con le leggi della mente umana ed è dunque, di fatto, impossibile. Essendo impossibile, il credente non può trarne alcun beneficio spirituale o religioso.

Di qui il comma 22 del rosario: “Per conseguire i benefici del rosario bisogna recitarlo bene, ma è impossibile recitare bene il rosario per cui è impossibile trarne beneficio”.

Si tratta di una delle tante antinomie cui la religione espone il credente. È per questo che la celebre frase attribuita a Tertulliano, ma forse spuria, “Credo quia absurdum” (“Credo perché è assurdo”) è tanto rappresentativa della religione: perché questa fa leva sulle sue contraddizioni per continuare a esistere, anzi glorifica le proprie contraddizioni nella credenza che “le vie del Signore sono infinite” e non sempre perscrutabili. Ed è per questo, forse, che i credenti di tutto il mondo continueranno a recitare il rosario: Oro quia absurdum.

Per saperne di più sulle “sottigliezze del rosario”, rimando ovviamente al mio La Sacra Corona. Storia, sociologia e psicologia del rosario (Meltemi Editore, 2024).

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