I tradimenti nel calcio e gli esperimenti di Sherif

Il 26 luglio 2016 la Juventus acquista dal Napoli il giocatore argentino Gonzalo Higuaín per la cifra record di 90 milioni di euro. Il suo trasferimento è il più costoso nella storia della Serie A. I tifosi del Napoli insorgono. Higuain ha giocato con il Napoli dal 2013 al 2016 ed è considerato un simbolo della squadra. Le accuse di essere un traditore e un mercenario si sprecano. Il 02 aprile 2017, in occasione dell’incontro tra Napoli e Juventus, terminato con il risultato di 1 a 1, Higuain viene subissato di fischi per tutta la partita. I tifosi del Napoli sono calorosi e attaccatissimi alla propria maglia – si dice – e non perdonano un tradimento.

Sbaglierebbe, però, chi pensasse che simili vicende accadano solo oggi che il calcio rappresenta uno dei fenomeni identitari più forti in assoluto e che riguardi solo tifoserie “calde” come quella del Napoli. Un episodio simile si verificò agli albori del calcio italiano e vide protagonista, a parti invertite, ancora la Juventus. L’anno era il 1906. All’epoca i campionati erano giocati da poche squadre, tutte del Nord, e prevedevano una manciata di partite. La Prima Categoria 1906, come allora veniva chiamata, fu disputata dal 7 gennaio 1906 al 6 maggio 1906, per un totale di 12  incontri, e si concluse con la vittoria del Milan. Per la terza giornata d’andata si affrontarono Juventus e Milan, squadra, quest’ultima, in cui militava l’ala sinistra Umberto Malvano, già della Juventus, tesserato con clamore dal Milan che aveva approfittato del fatto che il calciatore fosse impegnato a svolgere il servizio di leva a Pavia. I tifosi della Juventus non presero bene questo passaggio e le conseguenze si fecero sentire. Come racconta lo scrittore Enrico Brizzi nel libro Il meraviglioso giuoco. Pionieri ed eroi del calcio italiano 1887-1926 (2015, Laterza, Roma-Bari), in occasione dell’incontro «per la prima volta, si fece sentire il peso del fattore campo: l’ex bianconero Malvano fu infatti accolto dal pubblico del Velodromo Umberto I a suon di insulti e minacce, che destabilizzarono il ragazzo al punto da ridurlo a un fantasma barcollante e timoroso di calciare il pallone» (p. 43). Il 29 aprile, in occasione dell’incontro di spareggio tra Juventus e Milan, «il povero Malvano si rifiutò di prendervi parte, temendo di essere linciato dai suoi ex sostenitori in caso di vittoria rossonera» (p. 44). Malvano, che in seguito fu anche arbitro e vicepresidente della FIGC, passò dunque alla storia come il primo “traditore” della storia del calcio italiano, e la sua vicenda ebbe conseguenze anche più pesanti rispetto a quella di Higuain. Il giocatore argentino, infatti, non è mai stato nella condizione di non disputare Napoli-Juventus per paura di essere linciato.

Queste vicende dimostrano l’attualità degli esperimenti compiuti negli anni Cinquanta dallo psicologo sociale Muzafer Sherif (1906-1988), il quale dimostrò che la costituzione di gruppi separati in competizione per un obiettivo – come possono essere due squadre di calcio in competizione per la vittoria in un campionato – è sufficiente a generare norme e identità separate e a indirizzare l’aggressività verso il gruppo opposto (outgroup in inglese), rafforzando contemporaneamente la coesione interna al gruppo di appartenenza (ingroup). Queste dinamiche spiegano l’odio verso i “traditori”, verso i calciatori, cioè, che hanno militato nella propria squadra e sono in seguito passati a una squadra avversaria. La forte identità nei confronti dell’ingroup, la avversione (specie se di vecchia data) nei confronti dell’outgroup, la violazione del senso di appartenenza e di fedeltà ad opera del “transfuga”, la nuova identificazione del “traditore” con gli odiati rivali sono tutti fattori che spingono ad avvertire un “supplemento” di odio nei suoi confronti che, in ultima analisi, è funzionale a rafforzare la propria identità di tifoso e a sminuire il valore degli avversari, accusati di accogliere il “disertore” tra le proprie fila.

Sarebbe interessante approfondire le dinamiche messe in luce da Sherif in relazione al calcio; un fenomeno che, per usare la terminologia dell’antropologo francese Marcel Mauss, rappresenta un “fatto sociale totale”, ancora in parte da esplorare.

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