Face pareidolia

In un interessante articolo di qualche mese fa, intitolato “Face Pareidolia Recruits Mechanisms for Detecting Human Social Attention”, pubblicato su Psychological Science (2020), Colin J. Palmer e Colin W. G. Clifford offrono una interpretazione fisiologica di ciò che in inglese si chiama face pareidolia e che potremo tradurre con “pareidolia facciale”.

La pareidolia facciale è il fenomeno per cui vediamo strutture simili a volti negli oggetti quotidiani: un rubinetto che ricorda un volto accigliato, un comodino che fa pensare a un viso sorridente e così via. Secondo gli autori, questa forma di pareidolia non si basa su una semplice associazione cognitiva o mnemonica, ma riflette l’attivazione di specifici meccanismi visivi che, di norma, presiedono alla elaborazione di configurazioni umane. Lo proverebbe il fatto che l’esposizione ripetuta a volti pareidolici che sembrano dirigere la propria attenzione in un determinato senso provoca negli individui un orientamento sistematico a percepire la direzione in cui guardano i volti umani, come se meccanismi sensoriali diversi si sovrapponessero quando facciamo esperienza di pareidolie facciali. Questi effetti si riducono sensibilmente quando l’esperienza pareidolica viene meno a seguito della rimozione dei tratti pareidolici dagli oggetti.

In breve, questi risultati indicano che la pareidolia facciale è essenzialmente un fenomeno percettivo, che si verifica quando lo stimolo sensoriale viene elaborato da meccanismi visivi che si sono evoluti in modo da ricavare contenuti sociali specifici dai volti umani.

La pareidolia può essere interpretata come una sorta di falso positivo, e quindi una illusione, in quanto attiva meccanismi deputati evolutivamente a individuare e trarre informazioni da volti umani, pur in assenza di veri tratti umani.

È come se, in presenza di configurazioni facciali pareidoliche, attivassimo meccanismi di riconoscimento incongruenti che conferiscono all’oggetto un “valore aggiunto”, frutto di un adattamento secolare evolutivo.

È noto da tempo che la pareidolia è una illusione. Studi come quello di Palmer e Clifford tentano di individuare le basi neurofisiologiche di tale illusione, sebbene la strada da percorrere in tal senso sia ancora molto lunga.

Questa voce è stata pubblicata in pareidolia e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.