Effetto soglia

È capitato a tutti. Corriamo al piano di sopra per prendere la giacca, ma, una volta arrivati, ci dimentichiamo perché abbiamo fatto tutte quelle scale. Apriamo la porta del frigorifero e ci rendiamo conto di non ricordare perché l’abbiamo aperta. Siamo interrotti mentre dicevamo qualcosa a un amico e poi fatichiamo a ricordare dove eravamo rimasti.

La tentazione, in questi casi, è di chiamare in causa una distrazione, una memoria vacillante, una momentanea défaillance della mente, se non una qualche strisciante patologia. La psicologia ci dice che la responsabilità di questo strano fenomeno non va addebitata al nostro cervello, ma a un cambiamento di luogo, fisico o mentale.

Non a caso, gli scienziati della mente parlano di “effetto soglia”, in inglese location updating effect o doorway effect. In pratica, quando si varca la soglia di una porta e ci si sposta da una stanza all’altra, è possibile fare esperienza di una improvvisa, quanto momentanea, perdita della memoria a breve termine. Questo perché, quando passiamo da una stanza all’altra, non cambiamo solo ambiente fisico, ma anche ambiente mentale, perché la nostra memoria è condizionata dal contesto: cambiando contesto, i ricordi possono risentirne.

L’effetto soglia si verifica sia se la soglia in questione è una soglia fisica (come quando ci si sposta da una stanza all’altra) sia se la soglia è metaforica o virtuale (come quando si passa da un sito all’altro mentre si naviga in Internet).

Il luogo in cui si verificano gli eventi che ci accadono condiziona in maniera significativa il modo in cui i ricordi vengono immagazzinati dalla mente. Un ambiente noto e familiare ci permette di recuperare i ricordi in maniera più agevole rispetto a un ambiente con cui abbiamo poca dimestichezza. Ogni cambiamento spaziale, fisico o virtuale, può agire da marcatore di confine che divide e segmenta il nostro flusso di ricordi, organizzandolo in sezioni distinte.

Come affermano Gabriel Radvansky e David Copeland (2006), due psicologi che hanno indagato sperimentalmente il fenomeno, i processi cognitivi sono messi a soqquadro dai cambiamenti spaziali. Questo accade perché essi impongono agli individui di “aggiornare” la loro comprensione della situazione e modificare il loro “modello situazionale dell’ambiente”.

Gli stessi Radvansky e Copeland avanzano altre possibili interpretazioni dell’effetto soglia. È però suggestivo pensare che la nostra attività cognitiva non dipenda esclusivamente dal nostro cervello, come pure tendiamo a credere, ma dall’ambiente in cui essa ha luogo. È l’interazione tra mente e cervello, in altre parole, a decidere che cosa e come ricorderemo ciò che ricorderemo. Il contesto in cui viviamo è molto più importante di quello che pensiamo. Basta chiedere alla propria memoria.

Fonte: Radvansky, G. A., Copeland, D. E., 2006, “Walking through doorways causes forgetting: Situation models and experienced space”, Memory & Cognition, vol. 34, pp. 1150–1156.

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