Di Yara, Fikri e altre vittime

Nel mio libro 111 errori di traduzione che hanno cambiato il mondo, ho dedicato uno degli errori al caso del marocchino Mohammed Fikri, ingiustamente accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. Nel libro facevo notare che al ragazzo era stata erroneamente attribuita la frase “Allah mi perdoni, non l’ho uccisa io” che invece avrebbe dovuto essere “Dio mio, fa che risponda”. Risultato tre giorni da incubo per il marocchino poi fortunatamente scagionato da ogni colpa. Ciò che non sapevo allora era il modo attraverso cui furono scelti gli interpreti delle intercettazioni che lo riguardavano. Un modo agghiacciante che la dice lunga su come si possa andare in carcere in questo paese. A rivelarlo è il giornalista Riccardo Nisoli in un articolo intitolato Alla ricerca del corpo e del colpevole: tutti gli errori sulla strada della verità contenuto nel recente instant book del Corriere della Sera Yara. Il DNA e altre verità. Ecco il testo:

Ci sono volute sedici traduzioni prima di capire che Fikri era innocente, tanto che a un certo punto la mamma di Yara, basita durante un’udienza per l’archiviazione del marocchino, chiese la parola: «Ma com’è possibile che ci siano più traduzioni?», dando voce allo sconcerto generale. Il danno forse si sarebbe potuto evitare, o quantomeno ridurre, se si fossero subito affidate le traduzioni a esperti anziché pescare dal corridoio (sembra incredibile, ma andò davvero così) quattro consulenti improvvisati: due tunisini e due marocchini, ignari utenti in coda agli sportelli al pianterreno, ovviamente non iscritti all’albo degli interpreti della procura e del tribunale, incaricati sui due piedi di ascoltare le registrazioni fatte dai carabinieri. Davvero una brutta pagina per la nostra giustizia.

Avete letto bene. Due tunisini e due marocchini presi a casaccio in questura e incaricati di un compito tanto delicato come la traduzione di un testo intercettato, potenzialmente in grado di mandare in prigione un innocente. Come è possibile che accadano queste cose? La verità è che in questa storia la vittima non è solo Yara, nè solo Fikri, ma la nostra intelligenza sacrificata in onore della menzogna e dell’opinione pubblica più becera.

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