Chi ha inventato l’ora legale?

benjaminTra sabato 29 e domenica 30 ottobre tornerà l’ora solare, che poi cederà nuovamente il passo all’ora legale nel marzo del 2017. Come è noto, lo scopo principale dell’istituzione dell’ora legale è quello di adoperare meglio la luce del sole. Spostiamo in avanti di un’ora i nostri orologi in modo che, durante l’estate, disponiamo di un’ora in più di sole alla sera, con conseguente risparmio di energia elettrica. In Italia l’ora legale, nata come misura di guerra nel 1916, fu definitivamente adottata con la legge 503 del 1965, in periodo di crisi energetica. In Europa, è solo dal 1996 che tutti i paesi dell’Unione europea, oltre alla Svizzera e ai paesi dell’Europa orientale, adottano lo stesso calendario per l’ora legale. Questa invenzione, dunque, che oggi ci sembra del tutto “naturale” è un’acquisizione relativamente recente. Ma chi ha inventato l’ora legale? Secondo molti, il merito di aver almeno concepito l’idea va al più noto Padre Fondatore degli Stati Uniti, Benjamin Franklin (1706-1790), il quale, nel 1784, inviò una lettera al Journal de Paris, oggi nota sotto il nome di An Economical Project (“Un progetto che fa risparmiare”), nella quale, in maniera umoristica e faceta, presenta i vantaggi derivanti da un migliore uso della luce del sole. Di seguito, il testo completo della lettera, da me tradotta in italiano, di cui va apprezzata anche l’evidente satira delle abitudini indolenti della società francese dell’epoca.

Un progetto che fa risparmiare
Lettera al direttore del Journal de Paris, 1784

Agli autori del
Journal de Paris

1784

Signori,

ci intrattenete spesso con resoconti di nuove scoperte. Consentitemi, tramite il vostro giornale, di comunicarne una al pubblico, da me fatta di recente, che credo possa risultare di estrema utilità.

L’altra sera mi trovavo in eccellente compagnia, quando ci fu presentata la nuova lampada di Quinquet e Lange, che suscitò molta ammirazione per il suo splendore; in molti, però, ci domandammo se l’olio che essa consumava fosse proporzionale alla luce prodotta, nel qual caso non avrebbe consentito alcun risparmio. Nessuno dei presenti fu in grado di soddisfare la nostra curiosità, nonostante tutti fossimo d’accordo sulla sua importanza, essendo cosa sicuramente auspicabile diminuire, se possibile, le spese relative all’illuminazione dei nostri appartamenti, in un periodo in cui ogni altro costo relativo alla gestione familiare è così tanto aumentato.

Fui contento di constatare tanta sollecitudine nei confronti del tema del risparmio, perché nutro un profondo interesse per tale tema.

Tornato a casa, andai a dormire tre o quattro ore dopo la mezzanotte, non riuscendo a smettere di pensare alla faccenda. Un improvviso quanto casuale rumore mi destò alle sei circa del mattino, e fui stupito di vedere la mia stanza tutta illuminata, tanto che dapprima immaginai che vi fossero state portate un certo numero di quelle lampade; ma, strofinandomi gli occhi, mi resi conto che la luce proveniva dalle finestre. Mi alzai e diedi un’occhiata fuori per capire quale potesse essere il motivo di tanta luce, e vidi il sole sorgere al di sopra dell’orizzonte, da dove i suoi raggi fluivano copiosamente nella mia stanza, avendo il mio domestico colpevolmente dimenticato, la sera precedente, di chiudere le imposte.

Esaminai il mio orologio, che funziona molto bene, e mi resi conto che erano appena le sei. Ancora convinto che fosse un evento eccezionale vedere il solo sorgere così presto, consultai l’almanacco, dal quale appresi che quella era esattamente l’ora prevista per il sorgere del sole quel giorno. Continuai a leggere e imparai che, fino alla fine di giugno, sarebbe sorto sempre prima e che, in un anno, esso non sorge mai dopo le otto. I vostri lettori, che, come me, non hanno mai visto la luce del sole prima di mezzogiorno e che raramente consultano le pagine dell’almanacco dedicate all’astronomia, saranno stupiti quanto me di apprendere che il sole sorge così presto; e saranno ancora più stupiti di sentire che la sua luce si diffonde non appena sorge. Di ciò sono convinto. Sono certo di quello che dico. Non se ne potrebbe essere più certi. L’ho visto con i miei occhi. Inoltre, avendo ripetuto la stessa osservazione per tre mattine consecutive, ho ottenuto sempre esattamente lo stesso risultato.

Eppure accade che, quando parlo con altri della mia scoperta, percepisco chiaramente dai loro visi, anche se non mi viene comunicato a parole, che non mi credono affatto. Un tizio, in particolare, un dotto filosofo della natura, mi ha assicurato che sono certamente in errore quando dico che la luce entra nella mia stanza. È noto, infatti, stando a quello che dice, che, a quell’ora, non potrebbe esserci luce all’esterno; ne consegue che essa non potrebbe entrare da fuori e che, di conseguenza, le mie finestre, lasciate accidentalmente aperte, non hanno fatto entrare la luce, ma hanno solo fatto uscire il buio; e adoperò molti argomenti ingegnosi a dimostrazione di come, in quel modo, mi fossi lasciato ingannare. Ammetto di essere rimasto un po’ sconcertato dalle sue parole, che però non mi hanno convinto; e le successive osservazioni da me fatte, come già detto sopra, hanno confermato la mia prima opinione.

Questo avvenimento ha suscitato in me una serie di gravi e importanti considerazioni. Ho riflettuto che, se non fossi stato destato così presto quella mattina, avrei dormito sei ore in più alla luce del sole e, in compenso, sarei rimasto sei ore a lume di candela la sera seguente. E, poiché la luce delle candele è molto più costosa di quella del sole, la mia passione per la parsimonia mi ha persuaso ad attingere a quel poco di conoscenze aritmetiche che possiedo, e a effettuare alcuni calcoli, che vi offrirò tra poco, non senza aver prima osservato che, in materia di invenzioni, l’utilità deve essere, a mio avviso, il criterio di valutazione, e che una scoperta che non sia di alcuna utilità o non sia di giovamento a nessuno, non serve a niente.

Come dato di partenza dei miei calcoli, ho ipotizzato che vi siano centomila famiglie a Parigi, e che consumino in una notte mezza libbra di moccolo o candela all’ora. Penso che sia una ipotesi ragionevole nel complesso in quanto, sebbene creda che alcune famiglie consumino di meno, sono convinto che parecchie consumino molto di più. Stimando, dunque, un numero medio di sette ore al giorno tra il momento in cui sorge il sole e il momento in cui noi ci svegliamo, poiché nei sei mesi seguenti il sole sorge da sei a otto ore prima di mezzogiorno e le candele bruciano, come è noto, sette ore per sera, il calcolo è presto fatto.

Nei sei mesi tra il 20 marzo e il 20 settembre, abbiamo:

Sere

183

Numero di ore in cui, ogni sera, bruciamo le candele

7

La moltiplicazione dà come numero totale di ore

1.281

Queste 1.281 ore, moltiplicate per 100.000, il numero di abitanti, danno

128.100.000

Centoventotto milioni e centomila ore trascorse a lume di candela a Parigi, il che, a mezza libbra di cera e sego allora, dà il peso di

64.050.000

Sessantaquattro milioni e cinquantamila libbre, che, stimando il tutto al costo medio di trenta sol alla libbra, dà la somma di novantasei milioni e settantacinquemila lire tornesi.

96.075.000

Una somma enorme, che la città di Parigi potrebbe risparmiare ogni anno facendo uso della luce del sole invece che di quella delle candele. Se qualcuno dovesse obiettare che le persone tendono ad affezionarsi ostinatamente ai vecchi costumi, che sarebbe difficile persuaderli ad alzarsi prima di mezzogiorno e che, di conseguenza, la mia scoperta non ha alcun valore, risponderei: Nil desperandum [“Non disperate” N.d.T.]. Sono convinto che tutti coloro che hanno buonsenso faranno di tutto per alzarsi insieme al sole non appena avranno imparato da questo mio scritto che la luce comincia a splendere al suo sorgere; e, per convincere gli altri, propongo le seguenti disposizioni di legge:

in primo luogo, imponiamo la tassa di un luigi a finestra per ogni finestra munita di imposte allo scopo di impedire alla luce del sole di entrare in casa.

In secondo luogo, per moderare l’uso delle candele, mettiamo in atto la stessa operazione benefica di polizia che, lo scorso inverno, ci incoraggiò ad essere più parsimoniosi nell’uso della legna da ardere. In altre parole, disponiamo delle guardie nelle botteghe dei fabbricanti di candele di cera e sego e facciamo in modo che a nessuna famiglia sia consentito di acquistare più di una libbra di candele alla settimana.

In terzo luogo, appostiamo delle guardie anche per fermare tutte le carrozze e simili che dovessero attraversare le strade dopo il tramonto, tranne quelle di medici, chirurghi e levatrici.

In quarto luogo, ogni mattina, all’alba, facciamo in modo che tutte le campane di tutte le chiese suonino. E, se ciò non sarà sufficiente, facciamo fuoco con un cannone in ogni strada così da svegliare per bene i più pigri e far loro aprire gli occhi affinché si rendano conto dei loro veri interessi.

Avremo problemi nei primi due o tre giorni, dopo i quali la riforma apparirà facile e naturale come l’attuale anormalità. Infatti, ce n’est que le premier pas qui coûte [“Il primo passo è sempre il più difficile” N.d.T.]. Costringete un uomo ad alzarsi alle quattro del mattino ed è più che probabile che andrà a dormire volentieri alle otto di sera; e, avendo dormito per otto ore, si sveglierà più volentieri alle quattro il mattino seguente. Il mio progetto, però, consentirà di risparmiare ben più che la somma di novantasei milioni e settantacinquemila lire. Avrete notato che i miei calcoli riguardano solo una metà dell’anno, e che molti altri risparmi possono derivare dall’altra metà, sebbene i giorni siano più brevi. Inoltre, l’immensa scorta di cera e sego non consumata durante l’estate renderà probabilmente molto più a buon mercato acquistare le candele per l’inverno successivo e manterrà i prezzi bassi fintantoché la riforma proposta sarà sostenuta.

Per questa grande e utile invenzione, da me generosamente descritta e trasmessa al pubblico, non chiedo né un impiego, né una pensione, né un privilegio esclusivo, né altra ricompensa. Chiedo solo che mi sia riconosciuto l’onore di averla scoperta. Anche se so che vi sono alcuni spiriti meschini e invidiosi che mi negheranno, come al solito, tale onore e diranno che la mia invenzione era già nota agli antichi e forse, a riprova di ciò, citeranno brani da vecchi libri. Non obietterò a queste persone che gli antichi non sapevano che il sole sorge a determinate ore. Forse avevano, come noi, degli almanacchi in grado di predirlo, ma da qui non segue che sapessero che il sole diffonde la sua luce appena sorge. Questa è ciò che rivendico come mia scoperta. E anche se gli antichi lo avessero saputo, è possibile che tale conoscenza sia stata dimenticata molto tempo fa perché certamente era sconosciuta ai moderni, per lo meno ai parigini, come dimostrerò grazie a un semplice ed evidente ragionamento. I parigini sono persone giudiziose, persone assennate come ne esistono al mondo e tutti si dichiarano, come me, parsimoniosi dal profondo del cuore; e, considerando le numerose tasse a loro imposte dalle necessità dello stato, hanno certamente ampie ragioni per essere previdenti. Io sostengo che è impossibile che un popolo così ragionevole, date le circostanze, possa aver vissuto tanto a lungo alla caliginosa, insalubre ed enormemente costosa luce delle candele, se avesse davvero saputo di poter godere della pura e gratuita luce del sole.

Cordialmente

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