Le facce cattive si ricordano meglio

provenzano

Molto interessante l’esperimento condotto di recente da Alice Mado Proverbio, Francesca La Mastra e Alberto Zani e pubblicato con il titolo “How Negative Social Bias Affects Memory for Faces: An Electrical Neuroimaging Study”. In una prima parte (di codifica), i tre autori hanno sottoposto 16 volontari alla visione di 200 volti, ognuno dei quali abbinato a una breve descrizione, positiva o negativa, della persona (ad esempio: “Ha difeso un compagno di classe vittima di bullismo” o “Ha dato fuoco al motorino di una ragazza per vendetta”). Nella seconda parte dell’esperimento (di riconoscimento), condotta dopo 30-40 minuti, i soggetti sono stati sottoposti a un test di memoria: i 200 volti visti in precedenza, senza descrizioni di sorta, sono stati mostrati loro di nuovo insieme ad altri 100, mai visti prima. Ebbene, monitorando la neurologia della risposta dei soggetti al test, i ricercatori hanno riscontrato una maggiore attività neuronale in corrispondenza delle facce dei personaggi “cattivi”. In altre parole, il cervello sembra ricordare di più e più intensamente i volti delle persone giudicate cattive. Ciò significa che il pregiudizio negativo incide sulla percezione dei visi e sulla capacità di riconoscere i volti delle persone.

Questo risultato è importante perché conferma una delle più note acquisizioni della psicologia e cioè che se penso che una persona abbia tendenze criminali o una faccia da criminale perché ho ricevuto informazioni negative su di essa è molto probabile che ricorderò maggiormente il suo volto e il suo comportamento e forse tenderò più facilmente a rilevare quei tratti del suo comportamento che confermano le sue presunte inclinazioni delinquenziali fino ad accusarla – anche questo potrebbe accadere – più prontamente rispetto ad altre persone. Pensiamo, in questo senso, alle fallacie del cosiddetto “confronto all’americana”. In questo modo è facile innescare un meccanismo di profezia che si autoavvera: il soggetto “riconosciuto” e accusato può mettere in atto comportamenti reattivi (fuga, aggressioni fisiche ecc.) che confermano la percezione negativa iniziale, tramutandone, effettivamente, l’identità in “cattiva” o “criminale”.

Facciamo attenzione, dunque, ad accusare le persone che ci “sembrano” cattive. Potrebbero non esserlo affatto o diventarlo per colpa delle nostre percezioni.

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