La mafia nigeriana: intervista con Sergio Nazzaro

Sergio Nazzaro ha scritto due libri dedicati alle mafie africane in Italia e, in particolare, nella  zona di Castel Volturno, in provincia di Caserta, MafiAfrica (2010), pubblicato con gli Editori Riuniti, e Castel Volturno (2013), per i tipi dell’Einaudi. L’ho intervistato per saperne di più sulla mafia nigeriana, tema del quale mi occupo in questo momento. Ecco la trascrizione delle parti più salienti dell’intervista, realizzata a Caserta il 13 aprile 2013.

Romolo Capuano e Sergio Nazzaro prima dell'intervista

Romolo Capuano e Sergio Nazzaro prima dell’intervista

Quali sono le caratteristiche principali della criminalità organizzata nigeriana?

Le caratteristiche principali sono, innanzitutto, che è una mafia che si è costituita in Italia a partire dalle proprie organizzazioni di clan in Nigeria, che qui hanno assunto i caratteri tipici della mafiosità, quindi: omertà, mutuo soccorso, violenza e coercizione dei possibili testimoni. Questo è quello che ci rivelano gli atti giudiziari. Mentre le altre mafie straniere sono già tali in patria e trasmettono le loro attività in Italia, quella Nigeriana, pur derivando da associazioni come i Black Axe, nate come gruppi universitari e poi evolutesi come braccio armato della politica, è solo in Italia che acquisisce le tipiche fattezze mafiose. Un’altra caratteristica è che la mafia nigeriana assomiglia, in un certo senso, alla camorra perché è composta da cellule spesso indipendenti l’una dall’altra e senza riferimento a un vertice sovrastante.

Questi gruppi, quindi, sono più orizzontali che verticistici?

Sì, sono molto più orizzontali, ma anche “disordinati”, anche se è un disordine funzionale. Un po’ come la camorra. A volte sembra siano confusi. Un’altra caratteristica è la grande forza di penetrazione. Loro sono immigrati, come noi, e sono dunque, presenti in ogni angolo del mondo. Ciò consente loro di costruire reti efficaci e funzionali. Poi, in loro è presente un alto grado di violenza, che nasce anche da questa loro cultura animista e di riti voodoo. La violenza è un elemento predominante del loro agire.

Ogni volta che si parla di criminalità nigeriana, si parla di riti voodoo. In base al tuo lavoro sul campo, che rilevanza hanno nella realtà questi riti?

I riti voodoo sono presenti, continui, attuali, veri. Il rito voodoo è un lasciapassare per il business. Viene eseguito per minacciare un concorrente, per eliminare o intimorire un clan avversario, per soggiogare le donne in strada. Il rito  voodoo talvolta è banale e prevede l’uccisione di galline. Altre volte no. Noi crediamo a Vanna Marchi, ripeto spesso, loro credono in una cultura millenaria, radicata nel DNA, che può sembrare ridicola, ma che non lo è. I nigeriani non scherzano sul  voodoo. E si rivolgono a questi riti nei momenti più impensati. Ma c’è un altro aspetto ancora più inquietante che io documento con i fatti nel mio libro: quello dei sacrifici umani. Di recente, in Italia, c’è stato anche il primo processo per sacrifici umani, del quale io sono stato l’unico a scrivere. Parlo di un barcone alla deriva nel Mediterraneo nel quale sono stati sacrificati, gettandoli vivi in mare, uomini, donne e bambini, per un rituale di protezione. Per i nigeriani è sempre presente uno stregone. Noi pensiamo che abbia senso rivolgersi a un mago che appare in televisione. Per i nigeriani esistono gli stregoni, che sono la loro colonna portante, il riferimento per qualsiasi cosa.

Una differenza tra la mafia italiana e quella nigeriana mi sembra essere quella per cui la prima è alla ricerca del potere oltre che del profitto, la seconda solo del profitto.

Sì, questa è una differenza importante. Loro sanno di essere ospiti, stranieri da noi, quindi non puntano a un appalto pubblico, ma al profitto puro che per loro deriva dal traffico di droga, dallo sfruttamento della prostituzione come dal traffico di organi. E se questo sembra esagerato, basta pensare che per chi compie sacrifici umani, sottrarre un cervello o un altro organo è faccenda da poco. Poi c’è da dire che la camorra utilizza la criminalità nigeriana per distrarre la polizia, per lo spaccio, la prostituzione, in modo da creare un diversivo sociale, così che è il nero che crea problemi, non il bianco.

L’Intelligence italiana, in un suo dossier, riferisce di come i criminali nigeriani siano sì immersi in pratiche voodoo, ma che abbiano spiccate competenze telematiche e informatiche che utilizzano per eseguire truffe di alto livello. Le due cose non sono in contraddizione?

No, le due cose possono convivere benissimo. Tieni presente che i clan nigeriani agiscono per il profitto, dovunque esso sia. In questo senso, sia il rito voodoo sia l’abilità informatica, lo scamming, sono funzionali al profitto. L’africano non è un uomo delle caverne. Anzi, sa essere molto competente e duttile. E adopera ciò che sa per i suoi obiettivi. Tutto qui. Non dobbiamo lasciarci ingannare dai nostri preconcetti. Tutto ciò che è utile può servire.

Parliamo della rappresentazione mediatica della criminalità nigeriana. Un articolo dell’Espresso di qualche hanno fa descrisse una festa nigeriana facendola passare per una festa dei boss. Mi sembra che tu non sia d’accordo. Come pensi che i mass media rappresentino la criminalità nigeriana?

Lì ci fu un grosso misunderstanding. Gli africani hanno le loro feste, si radunano, lanciano denaro. Succede anche in India. Quindi, non si trattava della festa della mafia nigeriana. È possibile che vi fosse qualche “boss”. Ma questo può accadere anche in una festa italiana. Del resto, i mass media tendono a scrivere poco di criminalità nigeriana. La rappresentazione del fenomeno mafioso nigeriano in Italia è la notizia di giornale in cui si dice che è stato arrestato un nigeriano o condotta un’operazione di polizia. C’è il trafiletto di giornale, nulla più. Lo abbiamo visto anche con l’operazione Viola, una operazione imponente che ha condotto all’arresto di 150 persone. Mezza pagina sul giornale e il giorno dopo non se ne è parlato più. Tendiamo a vedere il nigeriano come semplice spacciatore. Non riusciamo a cogliere la dimensione della criminalità organizzata. L’informazione oggi in Italia non mira a capire, ad approfondire. Comincio a pensare che ci sia malafede. Poi, se ne parli, rischi che l’africano si offende. O che la Sinistra si offenda. O la Destra. Più l’argomento è delicato e complesso, più non se ne parla. Del resto, non abbiamo nemmeno una sezione del ROS dedicata alla criminalità africana. Le operazioni delle squadre investigative sono rese difficili anche perché non abbiamo poliziotti di colore che possano infiltrarsi come in America. C’è bisogno di interrazzialità nelle forze dell’ordine. Le forze dell’ordine, però, sono perfettamente consapevoli del pericolo costituito dalla criminalità nigeriana. Solo che le istituzioni preferiscono che non se ne parli per non suscitare allarmismo sociale. Nemmeno gli amministratori pubblici hanno interesse per la questione. E io temo che presto da noi [in Campania] accadrà qualcosa di grave, una rivolta dei neri. Come a Rosarno.

Secondo te, quale sarà l’evoluzione della criminalità nigeriana?

In Nigeria hanno ucciso tre nostri ingegneri in Nigeria. Lì è attivo il gruppo terroristico Boko Haram. Che non ha bisogno di soldi. È finanziato dai petrodollari degli sceicchi estremisti. Terrorismo puro. In Italia, temo che i ragazzi nigeriani possano essere reclutati dall’islamismo radicale. Questi sono gruppi nigeriani e molto potenti. E questa potrebbe essere l’evoluzione delle cose per i nigeriani. Ho già avvertito qualcuno, ma si tende a sottovalutare il problema.

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