La ferrovia e il crimine

Ogni volta che un’invenzione si impone, si diffondono timori sui suoi possibili usi criminali. È quello che accadde all’indomani dell’invenzione della stampa, accusata dalla Chiesa di essere veicolo di idee eretiche. Alla fine dell’Ottocento, Cesare Lombroso scrisse diversi articoli sugli usi criminali della bicicletta e, in seguito, dell’automobile. A metà Ottocento, la diffusione della locomotiva a vapore fece balenare l’idea che all’interno dei suoi scompartimenti, che originariamente non potevano comunicare tra loro, potessero compiersi efferati delitti senza che nessuno potesse intervenire. Ciò in effetti è quello che accadde in Francia. È una storia che vale la pena riportare per intero:

Nell’edizione del gennaio 1861 delle «Annales d’Hygiène Publique», sotto il titolo Pericoli per i passeggeri delle ferrovie, viene descritto quanto segue: «Il 6 dicembre, il treno di Mulhouse entrò nella stazione di Parigi alle 3 e 15. I passeggeri lasciarono frettolosi i loro scompartimenti. Solo di uno restò chiusa la porta, fino a che non l’aprì un impiegato delle ferrovie. Quale non fu la sua sorpresa quando, tra i sedili, vide un uomo lungo disteso! Invita l’uomo a scendere dalla carrozza. Nessuna risposta. Nella luce incerta della lampada dello scompartimento, schermata da un paralume  di seta verde, stenta a vedere ciò che gli sta intorno. Allunga una mano e la ritrae imbrattata di sangue. Informa il capostazione, il commissario di polizia, e ben presto ci si rende conto che si è di fronte a un cadavere in una pozza di sangue». Il morto è il presidente del tribunale Poinsot. Come risulta dalla successiva inchiesta, egli aveva diviso lo scompartimento con un unico compagno di viaggio, il suo assassino. Di quest’ultimo si sono perse le tracce. Il caso suscita un interesse insolito: «L’interesse carico di angoscia che tutta Parigi mostra per la morte spaventosa di Monsieur Poinsot è straordinario – riferisce il 9 dicembre il giornale di lingua inglese pubblicato a Parigi “Galignani’s Messenger” – e suscita in tutti una certa inquietudine l’idea che sia stato tanto facile consumare questo delitto» (Schivelbusch, W., 2003, Storia dei viaggi in ferrovia, Einaudi, Torino, pp. 84-85).

Quando nel 1865, questa volta in Inghilterra, venne ucciso un certo Briggs sempre all’interno di uno scompartimento ferroviario, il timore si tramutò in psicosi collettiva. In un libro dell’epoca troviamo scritto: «Se non si viaggia soli, si hanno uno o più compagni. Se se ne ha soltanto uno, cosa che spesso non si può evitare […]. possono verificarsi inconvenienti di varia specie, fino all’aggressione e addirittura all’omicidio, come purtroppo hanno dimostrato i fatti di cui tutti sono a conoscenza» (Schivelbusch, 2003, p. 87). La soluzione fu individuata nel mettere in comunicazione gli scompartimenti fra loro, anche se dovette passare molto tempo prima che ciò avvenisse (così come prima che i treni fossero dotati di toilet!).

Queste forme di timore misoneistico non sono certo scomparse. Di volta in volta, i fumetti, la pornografia, la televisione, i videogiochi e, oggi, internet sono stati individuati come strumenti potenzialmente criminogeni, in grado, secondo alcune versioni apocalittiche, di indurre i peggiori comportamenti in coloro che vi si espongono. Basti ricordare la psicosi che, negli anni Cinquanta, fu scatenata dalla diffusione dei fumetti, accusati di essere la causa principale della delinquenza giovanile, e quella che negli anni Ottanta fu suscitata dalla pornografia, definita la responsabile di tutti gli stupri commessi ai danni delle donne. Oggi si mette in guardia da internet e facebook, indicati come pericolosi covi dove si annidano temibili criminali e infidi pedofili. Domani toccherà ad altro. Insomma, sembra che per l’uomo sia davvero difficile fare i conti serenamente con le invenzioni e che le prime reazioni si appuntino sistematicamente sui loro usi criminali.

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